Pratiche sessuali estreme: non sempre sono perversioni. Il caso del bondage.
L’aitante giovane di successo è un manipolatore, un narcisista, utilizza il mezzo della sessualità e il BDSM per controllare e manovrare, non prova emozione ed eccitazione all’infuori delle situazioni erotiche sapientemente pianificate, piacevoli solo perché autogestite. I rapporti sessuali e la pratica BDSM, in questo caso, sono uno strumento e fanno da sfondo “accattivante” al racconto di una storia di dipendenza e sopraffazione. Il pasticcio nasce quando questa concezione va a sorreggere lo stereotipo per cui il BDSM equivale a “uomo padrone – donna schiava”. Cos’è veramente il BDSM? L’acronimo BDSM sta per Bondage e Disciplina (BD), Dominazione e Sottomissione (DS), Sadismo e Masochismo (SM) e racchiude in sé una vasta gamma di pratiche erotiche. Alla base di queste discipline c’è un elemento fondamentale: il consenso reciproco a partecipare a un gioco regolamentato! Lo scenario messo in atto non è all’insegna dell’abuso e del sopruso, ma segue delle precise regole condivise che hanno come obiettivo quello di rendere l’esperienza piacevole e gratificante per entrambi i soggetti. Chi appartiene alla comunità BDSM non si improvvisa “Master” o “Slave”, ma segue delle attente procedure, senza lasciare nulla al caso, per rendere l’esperienza il più sicura possibile abbracciando la regola dell’ SSC (Safe, Sane and Consensual). A partire dalla “safeword”, parola di sicurezza concordata per far terminare l’esperienza o dall’”aftercare”, la cura dopo il rapporto, tutto è prestabilito e concordato. L’accordo tra le parti è, dunque, uno dei punti chiave per definire ciò che è patologico da ciò che non lo è! Nel corso dei secoli la sessualità è stata esposta a continui cambiamenti e revisioni in termini di “normalità/patologia”. Nel 2013, il DSM V (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali) ha impostato una nuova classificazione per quelle che un tempo erano definite più generalmente “perversioni” o “parafilie”. Ad oggi, la distinzione che la “Bibbia degli psi” fornisce è tra le parafilie e i disturbi parafilici: mentre con il termine parafilie si definiscono quegli interessi sessuali “atipici”” vissuti senza disagio, i disturbi parafilici sono parafilie caratterizzate da esclusività che compromette le altre aree di funzionamento della persona e egodistonia (cioè che crea disagio al soggetto) con desiderio di arrecare danni/ferite/morte ad altri e necessità di coinvolgere persone non consenzienti. La parafilia è una condizione necessaria ma non sufficiente per essere affetto da un disturbo parafilico, ma una parafilia non necessariamente comporta un intervento clinico. Nello specifico quindi, non basta l’inusualità a far rientrare una pratica sessuale nella sfera dei disturbi: la trasgressione non è necessariamente patologia! Altro è utilizzare pratiche sessuali “particolari” come unica fonte di eccitazione erotica, avvertendo un senso di disagio che compromette aree estese del comportamento e mette a rischio l’incolumità di altri soggetti non disponibili. Nella pratica clinica, ad esempio, si possono utilizzare prescrizioni di piccole trasgressioni che consentono alla coppia di ravvivare un rapporto sessuale che a volte fatica a rinnovarsi, stimolando aspetti di comunicazione, complicità e intimità che apparivano perduti. Ben vengano le “sfumature” per stuzzicare la fantasia dei lettori o per sdoganare un argomento tabù, ma senza creare inutili confusioni ed etichette fuorvianti! Se da domani vorrete regalare le manette al vostro “lui” o il frustino alla vostra “lei”, sappiate che non siete dei “pervertiti” ma state provando a mettervi in gioco in un modo nuovo! Osate… responsabilmente!
la MELONI è una politica, NON E'UNA STATISTA. Questo lo si sapeva e come. Purtroppo in Italia da abbiamo solo…
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Mi sbaglierò... ma secondo me Vannacci ha avuto il coraggio di dire ciò che pensano in silenzio milioni di italiani,…
Tria sunt genera piritorum sinistrorum. Primo è, per dirla in parole semplici, la 'puzza sotto il naso', la convinzione di…