Il ‘vecchio’ non porta il ‘cambiamento’!

di Angelo D’Amore. Vedo ancora tanta confusione nella politica (possiamo ancora usare questo termine?) italiana. Il PDL, pardon, Berlusconi, deve ancora decidere cosa fare in merito alle prossime politiche. Si seguiranno gli ennesimi sondaggi sul da farsi. Nel frattempo, un intero gruppo dirigente aspetta le decisioni del suo ‘padre-padrone’, non ancora rassegnatosi ad una serena vecchiaia da nonno. In attesa anche la Lega che, in caso di un passo indietro del Cavaliere, potrebbe strizzare di nuovo l’occhio al PDL al nord, ma rimarrebbe con molti soldi in meno in cassa (oltre a quelli sottratti dai suoi ex dirigenti massimi). L’UDC, per bocca di Casini, spera di convincere Monti a rimanere ancora in carica anche dopo la primavera 2013. Da buon lacchè, si siede al primo banco per farsi notare dal “severo professore”. Come fare? Iscriverlo nelle fila del partito e poi candidarlo, nominarlo come Presidente del Consiglio tecnico, sperando in una bufera finanziaria-produttiva che faccia spaventare nuovamente tutti contro ogni ipotesi di governo politico? Bah, si vedra’. Intanto Monti smentisce qualsiasi ipotesi di una sua nuova candidatura. Non e’ detto pero’, che non ci sia un nuovo governo tecnico (se le ipotesi nefaste si verificheranno in inverno) con guida Passera. Nel frattempo, come un gioco tra bimbi, Casini brucia sul tempo Berlusconi e inserisce la dicitura “ITALIA” sul logo del suo partito, come se tale parolina magica fosse garanzia di sicuro successo o magari di maggior limpidezza verso gli elettori. E Bersani? Nella vasta e articolata area progressista, c’e’ molta fribillazione ma, al contempo, tanta incertezza se preferire un altro governo tecnico o accollarsi il rischio di governare (pare davvero sia la volta buona per vincere) il Paese in questo drammatico momento storico. Pronti ad andare al voto anche domani, ma non certi di farlo in alleanza con il PD, rimangono Vendola e Di Pietro, sempre piu’ isolati nelle loro roccafarti romanticamente reazionarie. Tutti i maggiori leaders (ha parlato anche Fini dall’alto del suo 2% di consensi) puntano a compattare il Paese contro il rischio di derive antipolitiche, populiste e nazionaliste. Tutti si richiamano ai concetti di responsabilita’, coraggio, unita’, generosita’, sacrificio (quanti ancora ne dobbiamo fare?), per il bene dell’Italia e dell’Europa, tutti usano i soliti slogan tesi a premiere il merito o a puntare sui giovani (quelli della mia generazione a cui fu promesso cio’ 20 anni or sono, sono tutti ormai ultra quarantenni…), di contrastare ogni forma di corruzione o nepotismo. Che belle parole e che faccia di bronzo a pronunciarle. Nessuno che dica: “scusate abbiamo commesso degli errori, facciamo un passo indietro per il bene del Paese. Che avanzi il nuovo!“. Nel frattempo non si sa come saranno scelti i candidati, in che maniera voteremo, quale premio sara’ dato al partito che vince. Gli uomini in campo poi, restano gli stessi. Le loro idee, i loro programmi si propagano come suoni stonati emessi da un grammofono arrugginito. Cio’ che rappresenta il vecchio, non puo’ portare il cambiamento.

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