Il salario mimino, istituto a difesa dei lavoratori e dell’occupazione.

di Gerardo Lisco. Organizzato dal Comitato “Comunità e Sviluppo Basilicata” e dal Gruppo Consiliare del M5S del Comune di Melfi, si è tenuto nella Sala Consiliare comunale un convegno dal titolo “Il lavoro che cambia: funzione del salario minimo garantito nella tutela del lavoro e dell’occupazione”.

Relatori l’ex Ministro del lavoro Senatrice Nunzia Catalfo, il prof. Leonello Tronti economista del lavoro presso l’Università Roma Tre e il prof. Rocco Giurato docente di Storia delle Istituzioni politiche e di Storia del Diritto presso l’Università della Calabria.

Il dibattito, coordinato dal dott. Gerardo Lisco per conto del Comitato organizzatore e dalla dott.ssa Alessia Araneo, Capo gruppo M5S del Comune di Melfi, ha visto gli interventi del Senatore Lo Muti, del Segretario Regionale della CGIL Summa e del Segretario Regionale della UIL Tortorelli. Numerosi sono stati gli interventi del pubblico.

Il Comitato Comunità e Sviluppo Basilicata, che ha promosso l’incontro con la collaborazione del M5S di Melfi, ha come scopo quello di animare il confronto e il dibattito nell’area politica che va dal M5S al PD passando per le formazioni politiche quali Sinistra Italiana e Art. 1 MDP.  Per il “Comitato”, ai fini del rilancio della Basilicata, in crisi demografica ed economica, è fondamentale favorire il dibattito tra le culture politiche attraverso il recupero dell’idea di Comunità. Ed è partendo dall’idea di Comunità che il Comitato, alla luce della Carta dei Principi, guarda con molta attenzione al nuovo corso del M5S guidato dal Presidente Conte.

L’introduzione in Italia di un salario minimo potrebbe porre notevoli freni allo sfruttamento dei lavoratori eliminando forme di dumping salarialerealizzato attraverso la stipula di “contratti pirata” al ribasso, sottoscritti da rappresentanze sindacali e datoriali non rappresentative. Oggi, infatti, i contratti nazionali di lavoro depositati al CNEL sono più di 900, mentre quelli firmati da organizzazioni datoriali e sindacali rappresentative non sono più di 300. Per questo, il dibattito ha chiarito che, senza la previsione di un rafforzamento del ruolo del sindacato attraverso la previsione di una norma di certificazione della rappresentanza sindacale, l’introduzione di un salario minimo potrebbe produrre effetti deleteri sui salari e sull’occupazione, favorendo un’“individualizzazione” sempre più spinta nella contrattazione del lavoro, funzionale al superamento del CCNL e della stessa contrattazione collettiva.

Un salario minimo legale, del resto, è presente in quasi tutti i Paesi dell’UE e anche in molti altri Paesi extraeuropei. La Senatrice Catalfo, Coordinatrice del Comitato per le Politiche sociali del M5S, da Ministro del Lavoro e delle politiche Sociali ha sollecitato l’introduzione di un salario minimo orario di 9 euro lordi l’ora, collegato alla certificazione della rappresentanza delle parti sociali e ai contratti nazionali di lavoro, e a questo fine ha presentato un disegno di legge attualmente in esame alla Commissione lavoro del Senato.

Sul tema è intervenuto il prof. Tronti, economista del lavoro, impegnato da anni sul tema del lavoro e delle tutele del lavoro in un mondo in continua trasformazione. Al prof. Tronti rivolgiamo alcune domande:

Professore quali sono i punti della proposta di legge avanzata dalla Senatrice Catalfo circa l’introduzione del Salario orario minimo?

Il disegno di legge prevede un salario minimo legale che dia attuazione all’articolo 36 della Costituzione, che sancisce il diritto del lavoratore “ad un salario proporzionato alla qualità e quantità del lavoro prestato e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa”. Se guardiamo a cosa è successo in Italia ai salari negli ultimi trent’anni dove, come ci segnala l’Ocse, il potere d’acquisto del salario medio annuo è diminuito del 2,9% contro un aumento medio negli altri paesi sviluppati del 18,4%, è chiaro che le parole dell’articolo 36 andrebbero declamate con forza alle parti sociali prima che venga sottoscritto qualunque contratto di lavoro. Il disegno di legge Catalfo ha il pregio di agganciare un salario minimo di 9 euro l’ora lordi ai contratti nazionali collettivi di lavoro, stabilendo che quell’importo costituiscail limite inferiore dei minimi fissati dai contratti stessi. Inoltre, la proposta Catalfo prevede la misurazione e certificazione della rappresentanza effettiva delle parti firmatarie dei contratti collettivi di lavoro, in modo da eliminare la contrattazione pirata e dare validità generale ai contratti sottoscritti dalle associazioni datoriali e sindacali più rappresentative, secondo quanto indicato dall’articolo 39 della Costituzione, anch’esso sinora inapplicato.

Durante la sua relazione ha evidenziato l’esistenza di un sistema produttivo fatto per larga parte da microimprese che occupano meno di dieci unità lavorative. Il salario minimo orario è uno strumento sufficiente a tutelare salari ed occupazione in questo contesto?

Le microimprese sono un’importante scommessa del Paese. Oggi sono un numero impressionante, più di quattro milioni su un totale di 4,4 milioni di imprese italiane. Senza colpevolizzare nessuno, si deve ritenere che costituiscano una risorsa per il futuro: se anche solo una su mille di queste imprese avesse un successo imprenditoriale all’altezza delle opportunità di mercato oggi presenti, potremmo avere tra qualche anno quattromila nuove imprese leader e affidare ad esse lo sviluppo del Paese. Ma in questo momento non è così. Le microimprese sono in numero eccessivo anche rispetto a Germania e Stati Uniti, che pure hanno un tessuto ampio e vivace di microimprese; e, soprattutto, hanno risultati economici comparativamente molto modesti. Si tratta, in larga misura, di un circolo vizioso che va spezzato. Le microimprese non cresconoperché non cresce il mercato interno, su cui insiste la loro maggior parte. Ma il mercato interno non cresce per il semplice motivo che il potere d’acquisto dei lavoratori e delle loro famiglie è, come abbiamo visto, bloccato da decenni. Il disegno di legge Catalfo mostra la strada per rompere il circolo vizioso.

Rispetto alla gestione di unistituto di questo tipo quali devono essere i compiti del Sindacato?

La gestione del salario minimo legale qual è definito dal disegno di legge richiede al Sindacato un forte impegno. Anzitutto la misurazione e certificazione della propria rappresentanza e la pressione sulla parte datoriale perché faccia lo stesso. Quindi l’adeguamento dei minimi salariali fissati dai contratti nazionali al salario minimo legale e poi, nel corso del tempo, quello dei salari dei lavoratori inquadrati ai livelli superiori, nel rispetto delle “giuste relatività” rispetto ai minimi. Ancora, la partecipazione alla Commissione istituita dalla legge presso il Ministero del lavoro, che valida la certificazione della rappresentanza delle parti sociali e aggiorna nel tempo il valore del salario minimo. Da ultimo, ma certo come compito non ultimo per importanza, l’interazione con gli organismi pubblici deputati al controllo per assicurare che i minimi, e dunque i contratti nazionali, siano correttamente applicati in tutte le imprese.

Lei è stato amico e collaboratore del prof. Tarantelli.Cosa è possibile trarre ancora oggi dai suoi insegnamenti?

Ezio Tarantelli è rimasto purtroppo nella memoria collettiva come colui che ha cancellato la scala mobile, ma si tratta un errore imperdonabile. Tarantelli non ha abolito un bel nulla. Si è invece battuto fino alla morte – e ad una morte purtroppo tanto tragica quanto prematura – perché, in consonanza con l’articolo 3 della nostra Costituzione, il Sindacato dei lavoratori potesse partecipare con i rappresentanti delle imprese all’attuazione del disegno di politica economica nazionale, partendo dal tema che in quel momento era il più drammatico (e potrebbe diventarlo nuovamente oggi): l’inflazione. Il protocollo Ciampi, che nel 1993 disegnò un nuovo modello concertativo di contrattazione collettiva, imperniava per l’appunto, proprio nel nome di Tarantelli, un tentativo di concertazione sociale dello sviluppo a partire dalla politica dei redditi – di tutti i redditi: salari, profitti e rendite; redditi e fisco – che a sua volta partiva dall’inflazione programmata. Ovvero da obiettivi di inflazione perseguiti congiuntamente dal Governo, dalle imprese e dal lavoro.

Oggi si profila di nuovo la possibilità, e forse la necessità, di riprendere quel cammino e portarlo avanti per realizzare non soltanto una programmazione sociale dell’inflazione, dell’occupazione e della crescita, ma anche una concertazione sociale delle transizioni ecologica, digitale e sociale a cui ci chiamano il PNRR e, in ogni caso, il nostro stesso futuro.

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6 Responses

  1. W LA DEMOCRAZIA VERA ha detto:

    E se in questa Pasqua di guerra l’agnellino sacrificale predestinato fosse il lugubre teatro del Covid di Roberto Speranza? Nulla di personale, sia chiaro; ma una volta liberi dal Cts, una volta preso atto che con la variante Omicron e le sue sottomarche abbiamo imparato a convivere terapeuticamente senza finire sotto terra, sembra proprio giunto il momento d’imporre al ministro della Salute e ai suoi ipocondriaci consiglieri di sbaraccare mascherine e altre limitazioni penitenziali.Oltre all’anacronistico green pass, ovvio. Ma a quanto pare lui non ha ancora intenzione di uscire – e farci uscire – dalla prigione invisibile della pandemia. E così, mentre a Shanghai il dispotismo asiatico cinese rimette in scena un cruento lockdown sul modello del 2020, il nostalgico Speranza insiste nel rinviare a dopo Pasqua una valutazione definitiva sull’uso dei dispositivi sanitari che in teoria dovrebbero sparire da fine mese in poi: «Valuteremo la curva epidemiologica, ma dobbiamo ancora tenere alto il livello di attenzione: ora le mascherine sono essenziali… noi le raccomandiamo con forza in tutte le occasioni, anche all’aperto, dove ci sono possibilità di assembramenti». Già si prefigura un supplemento costrittivo per gli studenti dai sei anni in su, in omaggio a un principio di precauzione che estende il proprio cono d’ombra ben oltre i soggetti fragili da tutelare e per i quali – a cominciare dagli ultra ottantenni – è iniziato il ciclo della quarta vaccinazione.

  2. Doctor ha detto:

    “In autunno è ragionevole pensare che tutti dovremo fare una dose di richiamo, almeno chi ha ricevuto la terza dose da più di sei mesi”: l’infettivologo Matteo Bassetti, primario della clinica Malattie Infettive del San Martino di Genova, ha parlato della quarta dose contro il Covid in collegamento con L’Aria che tira su La7. L’esperto, però, ha sottolineato che il secondo booster non può assolutamente essere fatto con i vaccini usati per le prime tre dosi. Io credo che non dobbiamo rivaccinarci con lo stesso vaccino con cui ci siamo vaccinati per tre volte ma dobbiamo chiedere tutti forte e in maniera univoca che le aziende farmaceutiche producano un vaccino orientato nei confronti delle varianti”, ha proseguito Bassetti, facendo riferimento così alle mutazioni del virus, ormai sempre più diffuse, come Omicron e Omicron 2. “A me non interessa se le case farmaceutiche hanno oltre un miliardo di dosi da utilizzare, ne faranno quello che vogliono, li regaleranno ai paesi in cui non ci si è ancora vaccinati – ha spiegato l’infettivologo -. Non è possibile che a ottobre ci ripresentino il medesimo vaccino. La comunità scientifica ne deve chiedere uno nuovo a gran voce già da ora”.

  3. Merenz ha detto:

    È passata ormai una settimana dall’ultima apparizione pubblica del giornalista americano Gonzalo Lira. Non si hanno più sue notizie da allora. Secondo quello che riferisce Scott Ritter, ex membro dell’intelligence americana, Gonzalo sarebbe stato rapito dagli squadroni nazisti di Azov assieme all’aiuto del famigerato servizio ucraino, lo SBU. Successivamente i tagliagole di Zelensky lo avrebbero torturato e ucciso. Non c’è una parola della vicenda di Gonzalo Lira sui media italiani e internazionali. Se Gonzalo fosse stato un giornalista di Repubblica o del Corriere, avremmo visto ovunque la sua immagine e la sua storia. Avremmo visto fiaccolate di solidarietà per capire quali fossero state le sue sorti e se Gonzalo fosse stato contro Putin, piuttosto che contro Zelensky, tutti avrebbero chiesto conto a Putin di cosa gli fosse accaduto. Non vediamo nulla di tutto questo perché l’apparato mediatico è complice di questi crimini e i “giornalisti” che prendono i soldi dai loro padroni con le mani sporche di sangue sono complici di queste efferatezze e non hanno nulla a che fare con il giornalismo.
    https://t.me/intelslava/26133

  4. Victorino ha detto:

    Hillary Clinton sta facendo di tutto per secretare i documenti relativi a Fusion GPS. Fusion GPS è una società di consulenza specializzata nel settore dell’intelligence. La Clinton ricorse alla collaborazione di questa società per fabbricare delle prove false e accusare Donald Trump di essere un “agente del Cremlino”. Fusion GPS elaborò la bufala secondo la quale Trump era in stretti rapporti di collaborazione con la banca russa Alfa Bank attraverso la quale poi lo stesso Trump avrebbe avuto un canale segreto di comunicazione con Putin. L’avvocato di Hillary Clinton, Michael Sussman, passò poi queste informazioni false all’FBI che invece di scartarle immediatamente le utilizzò per aprire un’inchiesta su Trump. Adesso la Clinton sta provando ad occultare quelle email perché in esse ci sono con ogni probabilità altre prove devastanti dei suoi crimini commessi in quel periodo. E non è affatto da escludersi che in quelle email si parli dei saltimbanchi dello stato profondo Italiano che hanno aiutato la Clinton a incastrare e diffamare Donald Trump. La bomba dello Spygate è esplosa a Washington. L’onda d’urto sta arrivando a Roma e i suoi effetti saranno devastanti per questa debole classe politica.
    https://www.zerohedge.com/markets/legal-advice-clinton-lawyers-scramble-keep-fusion-gps-docs-secret
    ZeroHedge

  5. Huribe ha detto:

    Il filo rosso che lega lo Spygate e l’Italiagate è lo stato profondo Italiano. Fu lo stato profondo Italiano ad aiutare Barack Obama e Hillary Clinton a costruire false accuse contro Trump nel 2016, e fu sempre lo stato profondo Italiano nel 2020 ad avere avuto un ruolo decisivo nel colpo di Stato elettorale eseguito contro Trump. Qualsiasi azione porteranno avanti Trump e i suoi uomini su questi due golpe avrà conseguenze devastanti e permanenti sull’intera classe politica italiana che ha partecipato e avallato in toto queste due operazioni eversive contro il presidente degli Stati Uniti.

  6. Venanzio ha detto:

    Matteo Renzi asserisce che le ipotesi di un suo coinvolgimento assieme a Barack Obama nello Spygate sono “follia”. Se questo è il caso perché Matteo Renzi si è infuriato con Conte, quando questi ha aperto una collaborazione con Donald Trump nel 2019, ovviamente per i suoi meri interessi politici e non per una inesistente vicinanza a Trump? Se l’operato di Matteo Renzi, e della intelligence italiana allora diretta da Alessandro Pansa, è stato del tutto trasparente allora perché tutto questo clamore e soprattutto perché questa paura di una collaborazione con l’amministrazione Trump per fare chiarezza sulla vicenda Spygate? Lo stato profondo Italiano, da un lato, liquida lo Spygate come “pettegolezzo”, ma dall’altro, non riesce a nascondere tutto il suo panico di fronte alle enormi implicazioni di questo golpe internazionale perpetrato ai danni di Trump.

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