Gli stipendi d’oro di mamma Rai!

Il Canone si deve e poi… si vede dove vanno a finire tutti gli introiti di mamma-Rai: nei super stipendi dei suoi tanti, troppi dirigenti, dirigentucoli, capi e capetti! Il male tutto italiano è che ci sono troppi generali, troppi attendenti dei comandanti e una pletora di portaborse e lacchè, tutti “legalmente” stra-pagati, in proporzione al numero di soldati, manco a dirlo, sotto-pagati! Va da sé che poi non c’è trippa per la truppa! In tanti, troppi, sono all’ingrasso tra chi comanda e chi gli ronza attorno – ammesso e non concesso che siano all’altezza di dare ordini e di dirigere ancora qualcosa in questo Paese che stanno portando rovinosamente a schiantarsi contro il muro del fallimento –  e pochi e malpagati coloro che, rimboccandosi le maniche e tirando la cinghia, dovrebbero mandare avanti una barca alla deriva, un relitto che fa acqua da tutte le parti, mentre “loro” sul ponte di comando mangiano, bevono e ballano!
Ultimo caso alla ribalta delle cronache le dichiarazioni del direttore generale della tv di Stato, Luigi Gubitosi in merito agli stipendi d’oro di mamma Rai: «Su 300 dirigenti Rai, tre hanno una retribuzione superiore ai 500mila euro l’anno, uno tra 400mila e i 500mila euro, quattro tra i 300mila e i 400mila euro, trentaquattro tra i 200mila e i 300mila euro, 190 tra i 100mila e i 200mila euro, 68 sotto i 100mila euro…». In più, come riportato da “Libero”, «bisogna aggiungere i 319 dirigenti-giornalisti, dei quali: 1 guadagna più di 500mila euro (il caro vecchio Minzolini, attualmente in aspettativa perchè senatore); 3 guadagnano tra i 300 e 400mila; 24 tra i 200 e i 300mila; 273 tra i 100 e i 200; 18 meno di 100mila. Questo affermava e continua placidamente a confermare Gubitosi, pur ammettendo, per onestà, che lo stipendio più alto – 650mila euro – è il proprio. Ora, sempre per onestà, bisogna registrare che in un’azienda di quasi 13 mila anime – molte perdute nei rivoli di incarichi, sottoincarichi -, laddove si presume che siano lottizzate anche le macchine del caffè, Gubitosi abbia delicatamente accompagnato alla porta ben 600 dipendenti (mai accaduto); e abbia ridotto notevolmente la voracità dei partiti. E altresì occorre premettere che, proprio in virtù di quest’«efficientismo e dell’esternalizzazione dei costi», l’ultima trimestrale Rai ha registrato un +0,7 milioni nel conto economico e un tamponamento delle perdite finalizzate al «ritorno all’utile operativo per quest’anno» (anche se, col mancato aumento del canone d’abbonamento, la vedo dura). Ciò detto, rimane il problema della massa abnorme dei dirigenti. Molti con privilegi oggi francamente eccessivi. Per dire: un direttore ha diritto al rimborso carburante per 15.000 chilometri, ogni dirigente può avere una macchina per tre anni in leasing che viene pagata al 70% dalla Rai. Così molti di costoro, appartenenti ad una casta di solito invisibile, scorrazzano su Bmw, Mercedes, Range Rover, Audi, e sempre su cilindrate intorno ai 3.000, pagando affitti bassissimi al mese. Il numero delle macchine – buttando un occhio nel garage della Rai in zona Prati – dà un’idea plastica della distonia tra il Paese reale e la sua fantastica burocrazia televisiva. Ora, Brunetta e Fico il vigilante pentastellato della commissione Rai, hanno ragione a richiedere la massima trasparenza dei curricula e degli stipendi lordi “da pubblicare on line”, ma la Rai non ci pensa neppure, adducendo “l’asimmetria del mercato”.».

In tempi di spending review, in un momento nel quale si chiede ai cittadini di tirare la cinghia, ci si aspetterebbe un qualcosina in più da parte di chi dovrebbe dare il buon esempio, ma parafrasando il “Cristo si è fermato a Eboli” di Carlo Levi, possiamo oggi dire che la svolta francescana si è fermata in Vaticano!

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