Dove sta andando l’Occidente?

di Agostino Spataro. “Da qualche tempo, serpeggia in Occidente una sottile inquietudine alla cui base c’è come il sentore di avere raggiunto il punto critico dell’ascesa della sua civiltà, nel quale coincidono l’apice del successo e l’inizio del declino…”.

Il riesplodere del conflitto nel vicino Oriente (fra Israele e palestinesi di Gaza e non solo) ci riporta alla realtà della barbarie della guerra che si pensava relegata fra le eventualità più remote. Invece, la guerra è tornata ed altre se ne annunciano. Poiché i conflitti in corso (Gaza e Ucraina) altro non sono che episodi di una guerra più grande che, da tempo, si sta svolgendo fra Occidente e “Non Occidente”.
Di fronte a tali inquietanti scenari, i cittadini si sentono impotenti, impauriti, ricattati, incapaci di esprimere, in libertà, il loro punto di vista. Molti preferiscono schierarsi da un lato o dall’altro come in una partita di pallone: o con la squadra dell’Occidente o con quella del “Regno del Male” ossia il resto del mondo che Occidente non é.

Insomma, invece di pensare, di ragionare, di dialogare si tifa.

La propaganda bellicista induce gli uomini e le donne di questo Pianeta a dividersi, ad odiarsi invece che a dialogare, ad unirsi per scongiurare la guerra e a isolare i suoi fautori. Purtroppo, anche la politica, che in queste circostanze dovrebbe svolgere un ruolo di guida, si comporta come soggetto portatore d’ordini, propagandista.

La palla, dunque, ritorna ai cittadini che non debbono più sentirsi vincolati a configurazioni geo-politiche artefatte, ma dovrebbero ragionare con la propria testa, ed agire, da membri della più vasta umanità, in piena libertà, nell’interesse della pace e della salvaguardia della vita sul Pianeta.

Perché due sono oggi i pericoli maggiori: i conflitti militari (che mietono vittime innocenti e possono degenerare in una guerra nucleare) e la precarietà degli equilibri naturali sulla Terra.

In realtà, Occidente, Oriente, Nord e Sud da indicatori dei fenomeni naturali sono stato trasformati in luoghi di polarizzazione del confronto politico, culturale e militare. Una realtà pasticciata che vede trasferiti in Occidente Paesi del medio e dell’estremo Oriente, quali: Giappone, Corea del Sud, Australia, Nuova Zelanda, Israele, ecc. Per altro, il nostro radicato occidentalismo ci impedisce di vedere il cambiamento in atto a vantaggio delle aree “non occidentali”, come dimostra il progetto (in formazione) dei Brics che si configura come la più grande concentrazione umana ed economica “non occidentale”.

La guerra, la militarizzazione delle relazioni internazionali consentono alla grandi e medie potenze di continuare a fondare le loro strategie sulla speculazione finanziaria e monetaria e sui conflitti mirati a favorire la produzione, e la vendita, di sistemi d’arma.

Il risultato è una sorta di “delirio bellicista” cui fa da contraltare la politica del gigante cinese che sta “conquistando” il terzo mondo (e non solo) senza sparare un colpo, con la cooperazione pacifica nei settori produttivi e infrastrutturali. Dove si vuole arrivare? A uno scontro fra Occidente e resto del mondo?

Una terza guerra mondiale (nucleare) non possiamo davvero permettercela!
Nonostante ciò, il mondo continua a produrre notevoli cambiamenti che stanno modificando gli assetti usciti dalla fine della “guerra fredda”.

A cominciare dagli andamenti della crescita demografica: oggi sul pianeta vivono 8 miliardi di persone (tutte ugualmente umane!) di cui solo il 12% vive in Occidente, mentre l’88% si trova nella parte “non occidentale”. Nei prossimi decenni, questo dato è destinato a consolidarsi. Perciò, prima che sia troppo tardi, ogni persona di buon senso, amante della convivenza pacifica, dovrebbe interrogarsi sulla via intrapresa da questo bizzarro Occidente che si propone come prima potenza economica e militare, anche per molti versi autosufficiente.

Presenta, infatti, diverse criticità e una pluridipendenza dal “non occidente”, soprattutto sul terreno del rifornimento energetico e di altre materie prime, degli sbocchi di mercato, del trasferimento di masse ingenti di capitali che finanziano il suo debito pubblico, dell’approvvigionamento di risorse umane, ecc..

E non ci si può più consolare con il possesso di una egemonia nucleare inesistente. Il fallimento della via del disarmo, ha innescato una micidiale corsa al riarmo che ha visto crescere il numero dei membri del club nucleare. Nel caso, sciagurato, di un conflitto l’Occidente dovrà confrontarsi con potenze nucleari dotate di un potenziale equivalente se non superiore. Uno scenario apocalittico in cui nessuno può ritenersi invincibile!

Persistere nella illusione di una supremazia dell’Occidente, a discapito del dialogo e del multipolarismo, è un gravissimo errore politico e di prospettiva. In realtà, la concezione “occidentalista” si basa su uno schema improbabile, non omogeneo e a geografia variabile che mira a sconvolgere perfino la circolarità dell’orizzonte umano: l’individuo non si realizza più nel luogo fisico della sua dimora, bensì nel luogo ideale d’identificazione con le condizioni di massima potenza.

A ben guardare, nella nuova dimensione occidentale si possono leggere la mistificazione della geografia fisica, umana e anche il dramma paradossale che sta vivendo il blocco occidentale, attraversato da una sottile inquietudine alla cui base c’è come il sentore di avere raggiunto il punto critico dell’ascesa della sua civiltà, nel quale coincidono l’apice del successo e l’inizio del declino.

Come un male oscuro, tale sensazione si sta diffondendo soprattutto in Europa la quale, priva di una politica e di una classe dirigente autonome, è tentata di delegare la sua difesa e i suoi interessi economici alla superpotenza americana ovvero alla sua più ringhiosa e volubile proiezione coloniale.

E gli Usa, che pure tanto hanno dato al mondo in termini di progresso tecnologico e di organizzazione democratica della società, si arrogano il diritto di portare a termine la “santa” missione con metodi sbrigativi e violenti. In sintonia, del resto, con le loro esperienze storiche costitutive: il massacro degli indiani e la guerra civile.

L’obiettivo? Fondare un moderno impero sulla base della supremazia militare, tecnologica e finanziaria, senza più l’ipocrita pretesa di esportare la “cultura civilizzatrice” ch’era la pezza giustificativa del vecchio colonialismo europeo. Un potere fine a se stesso, senza cultura che presto diventerà brutale dominio.

All’orizzonte del nostro futuro potrebbe, dunque, profilarsi un nuovo potere dominante che, sotto le mentite spoglie della globalizzazione ri-equilibratrice, nasconde un disegno di tipo neo-coloniale.

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