A fine stipendio avanza troppo mese!

La crisi economica che attanaglia il nostro Paese è certamente quella dei disoccupati e dei precari, dei pensionati che sopravvivono di pensione sociale, dei commercianti che non vendono e abbassano le saracinesche e delle piccole e medie imprese che non producono e chiudono baracca e burattini. Ma c’è un’altra categoria che in questo periodo di grande emergenza economica non se la passa altrettanto bene. Quella dei “salariati”, ovvero di coloro che un lavoro ce l’hanno e se lo tengono stretto, ma che tuttavia, pur lavorando, non riescono ad arrivare a fine mese. Sono i “poveri lavoratori”, dipendenti pubblici e privati, operai e impiegati i cui stipendi sono sempre più magri e le tasche sempre più vuote. Negli ultimi vent’anni le buste paga dei lavoratori italiani sono rimaste ferme!!! E questo non solo ha ridotto fortemente il loro potere d’acquisto, ma ha creato una generazione di cosiddetti “working poor”, vale a dire una generazione di persone che sono povere pur avendo un lavoro, dacchè guadagnano troppo poco e quel poco se lo vedono portare via, nella generale indifferenza, dall’inflazione e dalle tasse! Siamo arrivati al punto tale che la soglia dei 1000 euro al mese per molti è addirittura un sogno, un miraggio, una chimera, anche da parte di giovani che hanno un elevato titolo di studio!!! E se si è poveri lavorando, allora significa che il valore del lavoro è sceso drammaticamente, che si è persa quella dignità del lavoro che per i nostri padri era un fattore di sicurezza, di realizzazione personale, di crescita professionale e soprattutto di coesione sociale! Insomma, oggi si è rotto il binomio di ferro “lavoro-sicurezza” che tipicizzava quel ceto medio che costituiva le fondamenta solide e rassicuranti sui cui poggiava tutto il “Sistema Italia” e che oggi rischia rovinosamente di crollare. Ma se muore il ceto medio chi pagherà le tasse? Chi acquisterà beni e sevizi? Chi li manterrà alla bella vita? L’art. 36 della Costituzione parla chiaro: “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”. Oggi quel dettato costituzionale sembra avere lo stesso valore di una pensione sociale o di uno stipendio da lavoro dipendente! Tutta colpa di una tassazione spropositata rispetto alle buste paga. Tutta colpa del caro vita che erode inesorabilmente gli eventuali risparmi e si mangia stipendi che in Italia sono attualmente tra i più bassi d’Europa. Una media di 19,150 euro del Belpaese, contro i 29,677 del Regno Unito, 25.128 della Germania, 22.677 della Francia, 21.111 della Spagna. E così cala il potere d’acquisto dei salari e aumenta a dismisura la distanza tra chi guadagna molto e chi non ce la fa più ad arrivare alla fine del mese! E se a tutto ciò si aggiunge lo scellerato ingresso dell’Italia nella moneta unica al prezzo di circa due mila lire in cambio di un euro e si sommano le politiche salariali al ribasso degli ultimi anni, allora va da se che il problema non è più quello di arrivare a fine mese, ma di come iniziarlo! Ne consegue che il numero delle persone che non riescono più a sbarcare il lunario e a pagare mutui e bollette è in continua crescita. E allora come uscire da questo circolo vizioso, come spezzare il trend negativo che sta trascinando l’intero Paese negli abissi sempre più bui di una crisi senza ritorno? Non bisogna essere “premi Nobel dell’economia” per capire che se i salari sono bassi, anche i consumi ne risentono, in una pericolosa spirale al ribasso. Occorre rilanciare al più presto la questione salariale. È indispensabile dichiarare una vera e propria battaglia culturale a favore del lavoro. E’ fondamentale puntare il dito sulla crescita, riducendo drasticamente il costo del lavoro, abbassando gli oneri fiscali e contributivi a carico di imprese e lavoratori. Insomma, occorre tagliare il cuneo fiscale! La mancanza di soldi incide sui consumi e quindi sulla ripresa del Paese. E’ un circolo vizioso che bisogna spezzare ripartendo dalle riforme. Solo così possiamo farcela. Solo così possiamo salvarci. Ma intanto la politica “cazzeggia”, impegnata com’è a difendere i propri privilegi.

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4 Responses

  1. Sandra Valeri ha detto:

    In Italia sono sparite due classi sociali: quella degli operai e il ceto medio. in buona sostanza i lavoratori dipendenti che non godono dei cosiddetti STIPENDI D’ORO sono alla canna del gas!

  2. paolo-fi ha detto:

    Io non so se fanno cambiali, posso parlare solo per mee per me vivere con uno stipendio di appena mille euro al mese vi assicuro che sta diventando ogni giorno più complicato

  3. Ester Zucconi ha detto:

    Caro Giacomino presumo di torino, non ti sbagli. E’ che la gente oggi come oggi non mette più un soldo da parte e si magia tutto!

  4. Giacomo-TO ha detto:

    Crisi, crisi, crisi, sarà.
    Io però vedo auto ovunque e l’auto richiede:
    1) Assicurazione.
    2) Tassa di circolazione.
    3) Manutenzioni e riparazioni varie.
    Ci sono più auto che persone.
    Vado in pizzeria al sabato sera faccio la fila.
    Vado in Liguria d’estate e tutto è pieno. In certi locali da 50\100 euro a persona non trovi posto.
    C’è crisi sicuro, ma io vedo che si spende e si spande:Stadi, scommesse, computer, tablet telefonini. Un mio conoscente di origine USA pensionato in Italia, mi ripete “L’America è in Italia altro che storie”.
    Mi sbaglierò ma riferisco quello che vedo.

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