Vittime e valori di una guerra.

di Walter Veltroni. La grande, drammatica questione che l’aggressione di Putin all’Ucraina contiene: la guerra non è solo alla Nato o all’Ue, è proprio ai valori dell’Occidente.

«Stiamo parlando di qualcosa che va oltre le convinzioni politiche. Parliamo della salvezza umana. Ci troviamo in una guerra che ha assunto un significato metafisico. Le parate dei gay dimostrano che il peccato è una variabile del comportamento umano. Questa guerra è contro chi sostiene i gay, come il mondo occidentale, e ha cercato di distruggere il Donbass solo perché questa terra oppone un fondamentale rifiuto dei cosiddetti valori offerti da chi rivendica il potere mondiale». Così ha parlato, recentemente, il Patriarca di Mosca di fronte alla catastrofe umanitaria della guerra di aggressione di Putin. Ha raccontato Marco Imarisio: «Quello stesso giorno, nella lontana regione di Kostromà, il sacerdote della chiesa nel villaggio di Karabanovo, ha concluso il suo sermone dicendo No alla guerra e leggendo un passo del Vecchio Testamento: “Non Uccidere”. Due ore dopo, la polizia ha bussato alla sua porta».

Ecco, è qui, proprio qui, la grande, drammatica questione che l’aggressione di Putin all’Ucraina contiene. La guerra non è solo alla Nato o all’Ue, è proprio ai valori dell’Occidente. E a quello fondamentale, costato tanto sangue, maturato tra le sofferenze di Auschwitz e dei gulag, capace di resistere ai muri e alle cortine di ferro: la libertà. La libertà di pensiero, di parola, di impresa, di stampa, di organizzazione politica e sindacale. La libertà culturale e quella religiosa. La libertà, sì anche quella, dei propri comportamenti sessuali, delle scelte di vita. «Il valore metafisico» di una guerra che significa sangue e dolore, diaspora e distruzione, sta, per chi la sostiene, proprio nell’obiettivo reale: contestare all’Occidente non i suoi difetti, ma la sua principale virtù, la pratica della democrazia e della libertà. Per questo si deve temere, come ha detto Macron, «che il peggio debba ancora arrivare».

Una delle fonti di ispirazione principale di Putin è il filosofo Ilyin che ha teorizzato: «Per Stato si intende una comunità organica guidata da un monarca paterno». Ci sarebbe da discutere sul «paterno» alla luce delle sofferenze atroci che si stanno infliggendo ai bambini, ma i due concetti di «comunità organica», cioè priva di differenze, e di «monarca» sono assolutamente chiari, tragicamente nitidi e attuati. D’altra parte Putin, nella famosa intervista al Financial Times, quella nella quale diceva che Pietro il Grande era il suo modello, fu sincero e inequivoco: «L’idea liberale è diventata obsoleta». E aggiunse: «Cosa ne è degli interessi della popolazione locale quando il numero di migranti diretti verso l’Europa occidentale non è solo quello di un piccolo gruppo di persone, ma è nell’ordine di migliaia o centinaia di migliaia?». Affermazione che si deve tenere a memoria, come chiave di interpretazione della scelta, con la guerra, di spingere verso l’Europa milioni di rifugiati.

È la democrazia il nuovo «Impero del male» per i fautori di questa guerra spietata. Che ha come obiettivo, dice il Patriarca, la «salvezza umana» dal rischio della libertà. In nome di questa nuova crociata si possono avvelenare oppositori, imprigionare bambini, scatenare piogge di bombe, minacciare l’uso delle armi atomiche. All’Ucraina si rimprovera proprio questo, voler aderire a quei valori di libertà. Un bellissimo documentario sui fatti di Maidan del 2014 intitolato Winter on fire si apre con le immagini degli studenti ucraini che sfilano, sfidando la polizia del governo filorusso dell’epoca, con in mano la bandiera europea e prosegue con una semplice testimonianza, ripresa in uno di quei novanta giorni di proteste, in cui morirono centinaia di persone. È quella di un uomo che grida, mentre intorno fischiano i proiettili: «Dobbiamo vincere, così l’Ucraina sarà parte dell’Europa e del mondo libero. Non saremo più schiavi». La prima vittima di quegli scontri fu un ragazzo, si chiamava Serhiy. Esattamente come il padre di quei bambini uccisi con la madre, in questi giorni, mentre cercavano di fuggire dalle bombe.

La Russia non è, non deve a sua volta essere, per l’Occidente, l’impero del male. È un grande Paese, con tradizioni culturali che bisogna valorizzare, non rimuovere. E anche per questo bisogna cercare, fino alla fine, una soluzione negoziale. Il mondo che sembrava poter nascere, quando il muro di Berlino è crollato, aveva dentro di sé il sogno di un pianeta in cui le differenze storiche, religiose, economiche potessero essere rispettate e contenute dentro l’unica conquista certa del secolo breve: la democrazia. Ma non è stato così. Si è fatta strada progressivamente l’idea che esistessero altre forme di governo, delle «monarchie repubblicane» che concentrassero nelle mani di un solo uomo il potere e rimuovessero, anche con la violenza tipica delle dittature, ogni differenza, considerata un’anomalia o un intralcio.

È troppo facile riassumere una tragedia come quella che viviamo, la più drammatica dalla fine della Seconda guerra mondiale, nell’ipotetica follia di un uomo solo. Riempiendo di bombe le città al confine con la Polonia, minacciando di calpestare il suolo di Kiev, ignorando le richieste di corridoi umanitari non si sta solo compiendo una guerra di conquista, ma si vuole affermare una nuova egemonia su scala mondiale e indicare come modello per il millennio le nuove forme di potere autocratico. La fame e la disperazione degli ucraini che i nostri occhi ingurgitano ogni giorno con crescente strazio, così come i disagi nei quali Putin ha precipitato il popolo di Russia e la difficoltà economica delle persone in Italia o in Europa, nascono da lì. Dall’ambizione di una «guerra metafisica» contro la libertà. Riconoscerla per quello che è può aiutare a non commettere di nuovo errori che, nel Novecento, ci sono costati un prezzo altissimo.

Fonte: https://www.corriere.it/opinioni/22_marzo_13/vittime-valori-una-guerra-caa0cc24-a2fe-11ec-9cf0-42c4e5b7cf94.shtml

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