Una card da 400 euro per le famiglie più povere.

Siamo ancora nel bel mezzo del tunnel della crisi e nessuno sa dirci se, come e quando ne usciremo! Ma una cosa però è certa, la luce in fondo al tunnel ancora non si vede! Le famiglie si stanno impoverendo, i giovani espatriano in cerca di migliori fortune, le imprese chiudono i battenti e il ceto medio, dissanguato dal fisco e lasciato morire con stipendi da fame, è stato confinato sul ciglio del burrone. Comunque, per combattere la povertà il governo ha
annunciato finalmente il via libera ad una nuova “social card” che garantirà un reddito mensile di 400 euro al mese per 400mila famiglie. “Si passerà “dal welfare dei sussidi a quello delle opportunità”, ha detto il ministro del Lavoro. Una misura, quella della tessera per i poveri, che costerà “complessivamente circa due miliardi di euro, considerando anche le risorse europee”. Ma cosa cambia rispetto al reddito di cittadinanza proposto dai Cinque Stelle? Per Poletti quello varato dal governo “non è un intervento generalizzato e indifferenziato”, ma si basa sulle “risorse disponibili” e coinvolgerà “circa 400 mila nuclei familiari con minori a carico, pari a un milione e 770 mila individui. Stiamo ragionando su queste basi anche se spetterà al decreto attuativo definire la soglia di povertà che darà diritto al sostegno”, aggiunge il ministro, secondo cui il provvedimento riguarderà gli italiani, ma anche gli ‘stranieri cosiddetti lungo soggiornanti’, cioè coloro che stanno regolarmente nel nostro territorio da almeno cinque anni”. I soldi arriveranno inoltre solo ad alcune condizioni: “La persona dovrà sottoscrivere un patto con la comunità locale di riferimento”, assicura Poletti, “Un progetto condiviso per offrire a chi è in difficoltà un’opportunità di miglioramento. Per esempio, la persona dovrà impegnarsi a garantire un comportamento responsabile, ad accompagnare i figli a scuola, a sottoporli alle vaccinazioni, a seguire corsi di formazione e ad accettare eventuali proposte di lavoro”. Va bene così, ma l’assistenzialismo non deve soffocare la priorità assoluta di questo Paese che resta quella di ‘creare nuovi posti di lavoro’, favorendo nuove opportunità ad imprese e lavoratori, mandando in pensione i ‘vecchi’ per fare posto ai giovani, facendo crescere gli stipendi degli italiani con la riduzione del cuneo fiscale e con politiche contrattuali che abbiano come riferimento il salario europeo e il reale costo della vita. Insomma, va bene la ‘social card’, ma occorre un intervento strutturale sul mondo del lavoro, sul sistema previdenziale e sulla fiscalità generale. 

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