Come fare una causa di separazione,

di Avv. Federico Vaccaro. Se ritieni che il tuo matrimonio sia arrivato alla fine e che non ci siano più possibilità per ricominciare con tuo marito o con tua moglie, puoi chiedere la separazione e, così, dire addio all’obbligo di convivenza, fedeltà e assistenza morale e materiale. Se tu e il tuo futuro ex coniuge trovate un accordo su tutte le questioni attinenti alla separazione potete fare quella che si chiama “separazione consensuale” che vi consente di risparmiare tempi e costi,
ma soprattutto di evitare una serie di dolorose guerre e vendette reciproche. Altrimenti non resta altra strada che la “separazione giudiziale”, in altre parole un vero e proprio giudizio «l’un contro l’altro armati». A questo punto potrebbe interessarti sapere come fare una causa di separazione, quali sono le prove di cui ti devi munire e i tempi che dovrai attendere. Ma procediamo con ordine e, prima di vedere appunto come si procede con una causa di separazione, diamo un velocissimo sguardo alle possibili ipotesi di separazione consensuale. 
La separazione con il consenso dei coniugi. Se marito e moglie trovano un’intesa su “tutta la linea” della separazione – e, quindi, sulle questioni patrimoniali, sulla divisione dei beni, sull’affidamento e collocazione dei figli, sull’assegno di mantenimento, sull’attribuzione della casa coniugale, ecc. – possono procedere a un vero e proprio accordo che va sotto il nome di separazione consensuale. Tre sono le forme di separazione consensuale: 
separazione consensuale in tribunale: è quella più utilizzata. I coniugi, rappresentati dal proprio avvocato (ma gli stessi possono nominare anche un solo legale per entrambi) depositano un ricorso in tribunale e, nel giro di pochi mesi, vengono convocati dal Presidente del Tribunale per la conferma dell’accordo. Il provvedimento così emesso dal giudice determina la separazione e, decorsi 6 mesi da quel giorno, possono procedere al divorzio. La procedura è veloce, ma costosa perché bisogna pagare, oltre a un contributo unificato di 43 euro, l’onorario ai rispettivi avvocati. La media è di circa 1.500 euro;
separazione consensuale con la negoziazione assistita: in questo caso l’accordo anziché essere confermato dal tribunale viene sottoscritto dagli avvocati delle due parti (in questo caso ci vuole almeno un avvocato per parte). La procedura non richiede quindi di presentarsi dal giudice ed è ancora più veloce di quella in tribunale. Non si paga il contributo unificato ma si deve pagare l’onorario ai legali. Anche in questo caso, dalla firma dell’accordo decorrono 6 mesi dopo i quali si può divorziare; 
separazione consensuale in Comune: se i coniugi non hanno avuto figli o questi ultimi sono ormai maggiorenni e autosufficienti o non incapaci, possono separarsi andando in Comune. In un primo incontro il sindaco o l’ufficiale di stato civile tenta la conciliazione; poi dà loro un secondo appuntamento, non prima di 30 giorni, per la conferma dell’accordo e la definitiva separazione. Non è possibile ricorrere alla separazione in Comune se, tra gli accordi, vi sono trasferimenti di beni mobili (arredi, ecc.) o immobili (abitazioni, ecc.). Vi si può invece ricorrere se è previsto il pagamento di un assegno di mantenimento.
La separazione senza il consenso dei coniugi. Se marito e moglie non trovano l’accordo, devono procedere alla separazione davanti al giudice, ossia alla cosiddetta separazione giudiziale. In questo caso viene avviata una vera e propria causa. Per separarsi non c’è bisogno del consenso dell’altro coniuge. Quindi se il marito o la moglie si “rifiuta di concedere la separazione” l’altro può ugualmente presentare il ricorso e chiedere al giudice di pronunciare la sentenza nonostante il contrasto dell’altro coniuge. Basta semplicemente assumere che la convivenza è diventata intollerabile. La valutazione della intollerabilità della convivenza può basarsi su elementi di carattere soggettivo o collegarsi all’accertamento di precisi fatti che nella coscienza sociale e nella comune percezione rendano intollerabile il proseguimento della convivenza tra i coniugi. Secondo l’orientamento prevalente la convivenza può diventare intollerabile quando c’è incompatibilità di carattere, contrasto tra culture, conflitto tra diversi credo ideologici o religiosi, manifestazioni di disaffezione o di distacco fisico, spirituale o psicologico, se c’è un esasperato spirito di autonomia dei coniugi. Basta anche il semplice fatto di essersi disinnamorato: dichiarare di non amare più il proprio coniuge non è causa di addebito (responsabilità) e può dar luogo alla separazione. Di fatto il giudice non investiga sulla effettiva sussistenza di una delle cause di intollerabilità della convivenza, ma si limita a raccogliere la dichiarazione della parte e a prenderne atto. La separazione giudiziale può essere di due tipi a seconda che si voglia far dichiarare, a carico dell’altro coniuge, la responsabile per la rottura del matrimonio: separazione con addebito e separazione senza addebito.
Separazione giudiziale con addebito. Vi si ricorre quando uno dei due coniugi abbia violato uno dei doveri del matrimonio come:
– obbligo di fedeltà: è il caso del coniuge che abbia tradito l’altro;
– obbligo di convivenza: è il caso del coniuge che sia andato via di casa senza una giusta causa;
– obbligo di assistenza morale e materiale: è il caso del coniuge che non abbia aiutato l’altro in una condizione di grave malattia o che lo abbia denigrato e disprezzato.
Contrariamente a quanto spesso si pensa, chi subisce l’addebito non subisce, come conseguenza, l’obbligo di mantenere l’altro. Il mantenimento consegue ad altre valutazioni che vedremo di seguito. Però chi subisce l’addebito non può mai chiedere il mantenimento per sé, né diventa erede se l’ex muore prima del divorzio.
Tempi e costiLa causa dura dai 2 ai 5 anni in media. I costi, oltre all’onorario degli avvocati (da 2mila a 5mila euro), sono costituiti dal contributo unificato (43 euro).
Le prove. Per chiedere l’addebito a carico dell’ex bisogna avere le prove di ciò che si sostiene: sms con tradimenti, email, testimonianze anche di detective privati, fotografie, ammissioni, dichiarazioni di amici e parenti, ecc. Saranno poi necessarie le prove sul reddito dell’altra parte per dimostrare che questa non ha diritto al mantenimento o, che, al contrario, è in grado di corrispondere un mantenimento secondo le proprie richieste. Eventualmente sarà necessario documentare le spese cui si è soggetti e che diminuiscono il proprio reddito. Se la controparte è un lavoratore autonomo o un imprenditore e c’è il sospetto che occulti i redditi, il giudice può basare la valutazione della ricchezza sulla base del tenore di vita o delegare indagini tributarie.
Separazione giudiziale senza addebito. In questa ipotesi nessuno dei due coniugi ha violato le regole del matrimonio ma la battaglia verte sulla divisione dei beni e sull’ammontare dell’assegno di mantenimento.
Tempi e costi: La causa dura dai 2 ai 5 anni in media. I costi, oltre all’onorario degli avvocati (da 2mila a 5mila euro), sono costituiti dal contributo unificato (43 euro).
Le prove. Anche in questo caso è necessaria la dimostrazione del proprio reddito e di quello della controparte. Valgono le stesse regole viste per la separazione con addebito.
La prova per il mantenimento. L’assegno di mantenimento è il vero e proprio campo di battaglia dei due coniugi. Il giudice lo dispone non come sanzione per il caso in cui uno dei due sia stato irresponsabile o abbia tradito l’altro. Il mantenimento scatta solo in caso di differenza tra i redditi dei due coniugi, quando il più debole economicamente non sia in grado di mantenere lo stesso tenore di vita che aveva durante il matrimonio. Ci sono comunque altre variabili di cui il giudice tiene conto come:– durata del matrimonio;– capacità lavorativa e giovane età, nonché formazione, del coniuge beneficiario dell’assegno;
– costi che deve sostenere colui che deve versare il mantenimento;
– attribuzione della casa familiare, ecc.
Affidamento dei figli. La seconda battaglia riguarda l’affidamento dei figli. Ma, salvo che uno dei due genitori sia totalmente incapace e irresponsabile, di pregiudizio per la crescita dei bambini, il giudice dispone sempre l’affido condiviso (pari diritti e doveri, nonché responsabilità di entrambi i coniugi). Questo però non toglie che la residenza dei figli venga fissata prevalentemente presso uno dei due genitori (di norma la madre) con diritto/dovere dell’altro a far loro visita e a pagare, oltre all’assegno di mantenimento, il 50% delle spese straordinarie (o altra percentuale eventualmente fissata dal giudice).

You may also like...

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *