Toh, dell’Economia dei Consumi, il Trattato!

di Mauro Artibani. “Cominciate col fare ciò che è necessario, poi ciò che è possibile. All’improvviso vi sorprenderete a fare l’impossibile”.
Come sottrarsi all’impeto francescano?
No, non mi sottraggo: l’Economia della Produzione ha generato perlopiù ricchezza con il debito mentre quel Mercato, nato con l’eccedenza, proprio di eccedenze rischia di morire; quella dei Consumi manca ancora di un costrutto che tenga insieme le parti. Questo testo intende farsi carico di individuare le regole che rendano possibile fare il prezzo del Valore che sta nella nuova “Offerta”; buono per sanare il gap dell’out put.
Toh e magari, senza strafare, fare solo un “nuovo possibile”; raddrizzare le disequità nella distribuzione della ricchezza.
Trattato dell'Economia dei Consumi di [Mauro Artibani]Ok, d’accordo, nelle prefazioni non la si fa troppo lunga per non fiaccare chi vuol leggere il resto.
La faccio breve quindi: slogan, per mettere pepe nella camomilla, come fanno quelli del Marketing.
No scusate, non ce la faccio, mi tocca premettere alla Premessa che dentro questo disfunzionante ciclo economico sta un vecchio anchilosato paradigma recitante la litania “le Imprese generano ricchezza …”.
In questo testo metto per iscritto la sua abiura; lo corroboro con dati e fatti, lo scandisco, al fin scopro le carte: per non continuare a barare, nel sistema della produzione, s’ha da cambiare l’ordine dei ruoli poi riattribuire oneri e onori. Niente paura, tra le parti in causa resteranno immutati i rapporti giuridici e quelli proprietari.
Per far questo, invece che usar ineffettuali teorie, trovo sostegno nelle evidenze empiriche.
Prendo a dire in vece degli economisti che dicono d’altro e dei politici che non sanno dire; da economaio, che studia l’Economia dei Consumi, ne faccio un Trattato. Magari solo i prolegomeni, non l’elegia.
Bene avevo minacciato slogan, mantengo la promessa; scrivo tweet a destra e a manca:
Con la spesa i Consumatori generano i 2/3 della ricchezza, agli altri il misero resto.
La crescita rende l’esercizio della spesa indifferibile.
I redditi, erogati dall’impresa a chi lavora, sono insufficienti ad acquistare quanto prodotto.
Occorre esser prodighi per esser prosperi; prosperi per mantenere la prosperità.
L’esercizio di consumazione deve potersi auto sostenere!
Sostenere questa spesa che genera lavoro e lo remunera, remunerando tutti!
Quando ancor oggi, a fronte di tutto questo, scorgo che i banchieri centrali si arrabattano per spingere l’inflazione vicina all’obiettivo del 2%, falsando i prezzi, mi piglia un moto di stizza; prendo tutti ‘sti tweet, li stringo, ne estraggo un paradigma nuovo di zecca e glielo tiro: “La crescita si fa con la spesa. Così viene generato reddito, quel reddito che serve a fare nuova spesa. Tocca allocare quelle risorse di reddito per remunerare chi, con la spesa crea lavoro e lo remunera; remunerando tutti, pure quelli del capitale.”
Poi…. un virus e viene giù tutto. Si, tutto, pure l’economia e in tutto il mondo!
Già oggi, nel mondo abbiente, oltre cinque miliardi di persone ne sono rimaste invischiate; quando da questa pandemia saremo fuori, toccherà trovare il modo di non cadere in quella della penuria, a cui già sembrava costretto il mondo dalla “stagnazione secolare”.
Pandemia della penuria, appunto, che costringerà a rifare i conti con i modelli economici già utilizzati, sottoponendoli a stress test.
Stressare un “Trattato dell’Economia dei Consumi”, nuovo di zecca, può rappresentare l’occasione per verificarne la tenuta.
Già proprio di quell’economia che, ben prima del virus, risultava infettata dagli squilibri.
Oggi con il virus, produzione e consumo non possono incontrarsi, ancor meno darsi la mano per la ratifica del prezzo.
Dunque, un Trattato che fin ieri aveva l’ambizione di poter fornire gli input per riparare il danno, generato all‘economia da una stagnazione congenita, oggi può farsi antidoto economico/produttivo affinchè la pandemia Covid19 non degeneri in quella della penuria.
Ufff, l’ho detto d’un fiato; chi vuole legga il resto piano, piano!  

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