Rompere la Gabbia. Sovranità monetaria e rinegoziazione del debito.

Europeisti e anti-europeisti? Sono tutte chiacchiere e strumentalizzazioni. Chi è che non vorrebbe vivere in in una Europa unità, forte, giusta, libera e solidale? Purtroppo la realtà di Ue, Bce, Fmi va in tutt’altra direzione: unisce e rafforza i grandi capitali,  divide i popoli in gente ricca e gente povera, facendo crescere a dismisura la forbice tra chi sta bene e chi invece se la passa davvero male! E mentre la crisi chiude le fabbriche e crea disoccupati, distrugge i residui dello stato sociale e svuota i nostri portafogli si resta spesso disorientati sia dal linguaggio volutamente astruso dei mass media e dei politici, che ci fanno sapere solo ciò che gli preme farci sapere, sia dal girare a vuoto delle ‘proposte’ via via avanzate. I soldi sono finiti, ci fanno sapere, ma non per tutti, per “loro” infatti ci sono sempre, ma per ogni passo in avanti accennato per raggiungere la famigerata luce in fondo al tunnel, la risposta è sempre la stessa: “dobbiamo trovare le risorse”, come a dire che si deve prendere con una mano quel che si è restituito con l’altra: un gioco al massacro. Ma così dal debito non si uscirà mai. Decisamente in controtendenza rispetto alla cripticità con cui si è soliti affrontare queste tematiche, il libro di Claudio Moffa “Rompere la gabbia” che utilizza il linguaggio più semplice possibile per analizzare due tabù che impediscono la fuoriuscita dalla crisi: il signoraggio e il debito pubblico. Per affrontare questi due problemi occorre presa di coscienza e coraggio politico. Varie le possibilità: 

• ritornare all’emissione di banconote da parte dello Stato;
• riattivare la Zecca per produrre denaro, Euro o Lire che dir si voglia; 
• organizzare la ri-nazionalizzazione della Banca d’Italia. 

L’alternativa facile invece è quella di illudersi che in fondo le cose vadano bene così, continuando a far finta di non sapere. Soluzione “indolore” e veloce. Ma a quel punto non ci sarebbe più nulla da dire. Da qui la domanda tutto sommato valida ancora oggi: il conio e la stampa di moneta erano, e sono, semplicemente un servizio neutrale e senza ritorni per chi li esercita? La risposta è no. Il conio e la stampa hanno infatti un costo di produzione – lavorazione del metallo o tipografica – e un valore di circolazione – quello inciso o stampato sulla moneta o sulla banconota – che in pratica non coincidono mai e la cui differenza, anzi, è andata nel tempo sempre più aumentando: nel caso delle monete d’oro, la differenza era (è) minima o comunque minore, perché l’oro ha un alto valore in sé; nel caso delle monete metalliche di altro tipo (dall’argento al rame ai nuovi metalli da conio), la differenza aumenta perché il valore della moneta è più basso; nel caso della banconota, creata in Europa nel XVII secolo sulla scia di precedenti carte di transazione ad personam, essa diventa enorme. Pensiamo a quello che vediamo oggi: una banconota ha sovrastampato 10, 20, 50, 100, 200, 500 euro, ma il suo costo tipografico è di pochi centesimi: 3? 10? Arriviamo pure a 30 centesimi.A chi vanno dunque i restanti 9.7, 19.7, 49.7, 99.7, 199.7, 499.7 euro?A chi va il reddito da emissione monetaria, tale a partire dal momento dell’immissione sul mercato delle banconote?Continua a leggere: clicca qui!

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