Da Marchionne la vera sentenza che fa tremare il Paese!

Tempo di saldi e di grandi sconti in tutti i negozi d’Italia e anche a Palazzo di Giustizia? Ebbene sembrerebbe proprio che i giudici della Suprema Corte siano orientati ad una conferma della condanna per il reato di frode fiscale ai danni di Silvio Berlusconi, con uno sconto da cinque a tre anni per quanto riguarda, invece, la pena della reclusione e l’interdizione dai pubblici uffici. Ma la sentenza della Cassazione per il caso Mediaset, qualunque essa sia, non sconvolgerà più di tanto la vita degli italiani abituati da fin troppo tempo a scappatoie e accomodamenti quando sul banco degli imputati finisce un signore ricco e potente, e a sonore legnate quando, invece, sotto l’insegna che campeggia nelle aule giudiziarie – “La legge è uguale per tutti” – ci capita un cittadino comune, un povero disgraziato, senza arte né parte! Fatta la legge trovato l’inganno. Emessa la sentenza trovato l’accomodamento! Questa è l’Italia delle troppe leggi e dei tanti soprusi. La condanna di Silvio Berlusconi è, quindi, un dettaglio. Un fatto grave, gravissimo nel contesto di un Paese che funzioni, un dettaglio trascurabile nel quadro di un Stato allo sfascio, e che non porterà a cambiamenti epocali. Tutt’altro. Il leader del Pdl resterà tale – vita natural durante – e uscirà da questa vicenda giudiziaria – comunque vada a finire – più forte di prima. Economicamente: alla vigilia della sentenza per frode fiscale la Borsa di Milano regala alle aziende del Cavaliere 130 milioni in un’ora. Politicamente: dieci milioni di voti alle ultime elezioni politiche – nonostante processi, scandali e di tutto e di più – a significare che il ruolo della vittima, in Italia, paga ancora molto bene. Silvio Berlusconi ha magistralmente tessuto negli anni un ragnatela perfetta: se lo assolveranno sarà la prova che era un innocente perseguitato; se lo condanneranno sarà la prova che è un innocente perseguitato.
Per contro, ‘la sentenza’ che deve preoccupare seriamente l’intero Paese è quella pronunciata in questi giorni da un signore senza toga, sempre con un maglioncino blu a giro collo, pure a ferragosto, capelli lunghi, barba di due tre giorni, occhialetti sul naso e uno stipendio di circa 131.000 euro al giorno, centesimo in più centesimo in meno: “Le condizioni industriali in Italia rimangono impossibili“. Così l’Ad della Fiat Sergio Marchionne, commentando il chiarimento della Corte Costituzionale sulla sentenza Fiat-Fiom e sulla necessità di uno sforzo normativo che tolga ogni ombra di incertezza al quadro giuridico relativo alla rappresentanza sindacale. E annuncia che la casa automobilistica piemontese potrebbe produrre i nuovi modelli dell’Alfa Romeo all’estero. Insomma, per Marchionne,  l’Italia non è più un Paese per industriali e fare impresa nel Belpaese è come camminare nel fango e contro vento! Il Lingotto potrebbe perciò decidere di produrre i nuovi modelli dell’Alfa Romeo oltralpe: “Abbiamo le alternative necessarie per realizzare le Alfa ovunque nel mondo”, ha detto. “Rimango open minded, non ho pregiudizi”, ha proseguito chiedendo ancora una volta che il governo “introduca una legge” sulla rappresentanza per uscire da questo momento di incertezza. Il riferimento è alla sentenza della Consulta che ha dichiarato illegittimo l’articolo 19 dello Statuto dei lavoratori, nel quale viene consentita la rappresentanza sindacale aziendale (Rsa) ai soli sindacati firmatari del contratto applicato nell’unità produttiva. La sentenza arriva nell’ambito del ricorso della Fiom contro la Fiat. “Abbiamo chiesto con urgenza di varare delle misure che rimedino a questo vuoto ma per ora non vediamo niente”, ha sottolineato Marchionne, che ancora mastica male per quella sentenza. “Stiamo ancora cercando di capire le implicazioni dell’ultima sentenza per le nostre attività in Italia” e “stiamo organizzando un incontro con il sindacato che è al centro di questo contenzioso. Vedremo il risultato”. Fiat comunque “resta aperta a cercare soluzioni che possano garantire l’operatività delle attività in questione. Non abbiamo pregiudizi ma siamo fortemente determinati a trovare una soluzione duratura nel tempo”.
Intanto arrivano i risultati della semestrale Fiat con i ricavi in crescita, oltre 42 miliardi. Il gruppo automobilistico torinese ha completato il secondo trimestre dell’anno con 435 milioni di utile netto, sfiorando il raddoppio rispetto ai 239 milioni di euro del periodo aprile-giugno dello scorso anno. Sempre nel secondo trimestre, i ricavi sono cresciuti del 4% al 22,3 miliardi. Sembrano dunque tornare i margini per quegli investimenti in Italia che si attendono i dipendenti in cassa integrazione di Mirafiori e Cassino.
Ma nel Paese dove gli utili sono privati e i debiti diventano pubblici, è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che un ricco imprenditore rimanga in Italia!

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