Pensioni: il part-time in uscita è legge!
Tutti coloro che hanno i requisiti potranno concordare col datore di lavoro il passaggio al part-time, con una riduzione dell’orario tra il 40 ed il 60%, ricevendo ogni mese in busta paga, in aggiunta alla retribuzione per il part-time, una somma esentasse corrispondente ai contributi previdenziali a carico del datore di lavoro sulla retribuzione per l’orario non lavorato. Inoltre, per il periodo di riduzione della prestazione lavorativa, lo Stato riconosce al lavoratore la contribuzione figurativa corrispondente alla prestazione non effettuata, in modo che alla maturazione dell’età pensionabile il lavoratore percepirà l’intero importo della pensione, senza alcuna penalizzazione. In pratica, chi si trova a tre anni dalla pensione (passati i 63 anni e 7 mesi) potrà richiedere il part time mantenendo gli stessi contributi che garantiva l’impiego a tempo pieno. Ma come si accede al beneficio? Come primo passo, il lavoratore interessato deve richiedere all’Inps – per via telematica se è in possesso del Pin, o rivolgendosi ad un patronato oppure recandosi presso uno sportello dell’Istituto – la certificazione che attesta il possesso del requisito contributivo e la maturazione di quello anagrafico entro il 31 dicembre 2018. Dopo il rilascio della certificazione da parte dell’Inps, il lavoratore ed il datore stipulano un “contratto di lavoro a tempo parziale agevolato” nel quale viene indicata la misura della riduzione di orario. La durata del contratto è pari al periodo che intercorre tra la data di accesso al beneficio e la data di maturazione, da parte del lavoratore, dell’età per il diritto alla pensione di vecchiaia. Dopo la stipula del contratto, il decreto prevede il rilascio, in cinque giorni, del nulla osta da parte della Direzione territoriale del lavoro e, da ultimo, il rilascio in cinque giorni dell’autorizzazione conclusiva da parte dell’Inps. La contribuzione figurativa, commisurata alla retribuzione corrispondente alla prestazione lavorativa non effettuata, viene riconosciuta nel limite massimo di 60 milioni di euro per il 2016, 120 milioni per il 2017 e 60 milioni per il 2018. Il decreto chiarisce, inoltre, che la somma erogata mensilmente dal datore di lavoro – di importo corrispondente ai contributi previdenziali sull’orario non lavorato – è onnicomprensiva, non concorre alla formazione del reddito da lavoro dipendente e non è assoggettata ad alcuna forma di contribuzione previdenziale, inclusa quella relativa all’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. Il decreto è stato trasmesso ieri alla Corte dei Conti e diventerà operativo dopo la relativa registrazione.
Ma a chi conviene il part-time dei pensionandi? La convenienza c’è per tutti: per il datore di lavoro che risparmia sullo stipendio e per il dipendente che anche se lavora la metà prende il 65% dello stipendio e, paradossalmente, potrebbe impiegare il tempo libero in un altro lavoro, senza per altro intaccare la sua futura pensione, in quanto lo Stato gli garantisce i contributi figurativi come se fosse in full time.
la MELONI è una politica, NON E'UNA STATISTA. Questo lo si sapeva e come. Purtroppo in Italia da abbiamo solo…
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