Nubifragio a Vicenza: i bacini di laminazione funzionano.

di Attilio Runello. La città di Vicenza è stata colpita da una ennesima alluvione. Tuttavia per la prima volta sono stati messi in funzionano i bacini di laminazione che hanno salvato la città dal peggio.

E così per la prima volta anziché parlare un po’ rassegnati dei cambiamenti climatici nei confronti dei quali poco si può fare a breve, e quindi lo si dice con un atteggiamento un po’ rassegnati, si è parlato di strutture artificiali create dall’uomo che sono dei bacini posti accanto ai fiumi che possono accogliere l’acqua in eccesso. Dei laghi artificiali, per intenderci, verso i quali si può fare defluire l’acqua in eccesso che di fronte ai nubifragi ingrossa pericolosamente i fiumi e li porta a rompere gli argini.
Uno dei bacini di cui si parla è in grado di accogliere un milione e seicentomila metri cubi di acqua. Che sono tanti. Inoltre quest’acqua dolce anziché correre verso il mare e disperdersi nel mare rimane nei bacini e potrà essere usata nei periodi di siccità.
La regione Veneto si è già dotata di ben tredici bacini di laminazione e ne sta realizzando altri dieci.
Certo si tratta sempre di grandi opere che in fase di realizzazione prevedono esproprio di terreni, cementificazione, riduzione del seminato e che quindi non incontrano il consenso degli ambientalisti, più favorevoli a una riduzione drastica delle emissioni di carbonio.
Ma se la città di Venezia si è dotata del Mosè – che dimostra di saperla salvare dall’acqua alta –  perché la regione Veneto – percorsa da molti fiumi – non deve dotarsi di bacini di laminazione?
Anche i limiti alle emissioni di carbonio comunque vengono perseguiti. Le regioni del nord Italia hanno adottato provvedimenti che pongono limiti alla circolazione dei mezzi più inquinanti: i diesel sino a euro 4 possono circolare con notevoli limiti. Fra un anno è mezzo è previsto uno stop anche per i diesel euro 5.

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