Meno Stati generali, più Rivoluzione.

di Carlo Calenda. Nella politica italiana irrompe la nuova perdita di tempo della settimana: gli “Stati generali” non si sa di cosa.
Gli Stati generali, storicamente, hanno condotto alla Rivoluzione francese, il che sarebbe positivo per l’Italia. A parte questo, siamo di fronte alla nuova ridicolaggine che per qualche giorno impegnerà il dibattito politico italiano. Sappiamo già perfettamente cosa non va in Italia.
Un Paese che, per esempio, fa un provvedimento come Quota 100, che costa 65 miliardi da qui al 2036, e contemporaneamente non investe sull’università, la scuola, non trova risorse per finanziare le borse di studio per 9mila specializzandi in medicina – nel mezzo di una pandemia – è un Paese che non guarda al futuro e rischia di morire. Lo sappiamo perfettamente.
Sappiamo perfettamente che un Paese che non riesce a pagare la Cassa Integrazione in deroga in un momento di crisi è un Paese in cui non sta funzionando più nulla. Il problema non è cosa bisognerebbe fare per l’Italia del 2078, il problema è far funzionare le cose che non vanno oggi.
Forse di questo dovremmo parlare e non degli “Stati generali”, che è solo rumore di sottofondo per prenderci in giro. Ma questo implica una rivoluzione: cambiare completamente il modo in cui vediamo la politica .
Smetterla con “fascisti” contro “comunisti” (che poi si tengono esattamente gli stessi provvedimenti, vedi i decreti sicurezza) e iniziare a pretendere che i soldi arrivino in tempo a chi ha perso il lavoro con il Covid.
Questo dipende da noi, dai cittadini. L’Italia seria, quella che produce, lavora, studia, fatica ora deve chiedere alla politica di rendere conto del proprio operato.
Le cose da fare sono chiarissime, quello che manca è la volontà di farle e la competenza per farle bene.

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