Ma quali ‘euroscettici’? 3 italiani su 4 sono pro-UE!

Chi ha impostato la campagna elettorale sull’uscita dell’Italia dall’Unione Europea farebbe bene a rivedere le proprie posizioni, dal momento che gli ‘euroscettici’ del Belpaese sono una sparuta minoranza!
Infatti, nonostante lo scambio svantaggioso del passaggio dalla Lira all’Euro, almeno per quell’esercito di ‘buste paga’ che hanno scarso potere contrattuale o addirittura prossimo allo zero, come nel caso dei pensionati, nonostante le politiche economiche imposte dalla Ue all’insegna del rigore e nonostante la mancanza di una strategia comune per difesa, fiscalità, immigrazione e lavoro, la Doxa, società leader nei sondaggi e nelle ricerche di mercato, ha scoperto che oltre 3 connazionali su 4 sono favorevoli alle istituzioni UE (il 76% del totale intervistati). Con un picco dell’87% tra i 18-34enni. 
Non solo. Il dato è persino migliore di quello rilevato sempre dalla Doxa nel 1950 e dunque ben prima della firma dei Trattati di Roma. A quei tempi si parlava di “Stati Uniti d’Europa”, l’unificazione del Vecchio continente era vista come un antidoto a ulteriori conflitti bellici e un’opportunità concreta di crescita economica. E il 71% degli italiani vi si dichiarava favorevole. Mentre solo l’8% era decisamente contrario.
Complessivamente il sentimento europeista è piuttosto diffuso nel nostro Paese: il 69,3% del campione intervistato si sente molto o abbastanza “europeo”, ovvero “cittadino d’Europa”, con differenze apprezzabili tra uomini e donne (73,9% vs. 65,1%) e giovani e meno giovani (77,8% sotto i 34 anni vs. 65,1% sopra i 55 anni). Altra peculiarità: si sentono più europei i residenti nelle regioni del Nord-Est (82%) e meno quelli di Centro Italia, Sud e Isole (65%).
Il 40,2% degli italiani ritiene che restare nella Ue comporti “vantaggi e svantaggi in egual misura”. Il 34,8% vede più vantaggi nell’appartenenza all’Ue e il 20,4% più svantaggi. È curioso notare che più cresce il tasso d’istruzione più cresce la percentuale degli ottimisti. Che tra i laureati si attesta al 49,6%, mentre tra i titolari di un titolo di studio inferiore al diploma scende al 31,7%. La stessa identica domanda era stata rivolta dai ricercatori Doxa nel 1962, nella prima indagine mai effettuata sul tema dopo la firma dei Trattati di Roma. E in quel caso gli ottimisti vincevano a man bassa indipendentemente dal titolo di studio: il 55% degli italiani vedevano nell’Europa unita più vantaggi, il 9% dichiarava “sia vantaggi che svantaggi” e appena il 4% più svantaggi.
Con riferimento all’attuale crisi economica il 43,6% degli italiani pensa in ogni caso che le cose andrebbero peggio se l’Italia non facesse parte dell’Unione europea, mentre l’altra metà si spacca in due tronconi pressoché uguali tra coloro che ritengono che le cose andrebbero meglio se fossimo fuori dal perimetro di Bruxelles (22,9%) e coloro per cui “le cose andrebbero allo stesso modo” (24,8%). Anche qui è interessante notare le differenze. Stavolta per area geografica: nel Centro Italia ben il 49,7% degli intervistati ritiene che le cose andrebbero peggio, mentre le altre 3 maxi-aree oscillano tra il 41% del Nord Ovest e il 43,8% del Nord Est.
Anche per l’immediato futuro si prevede una netta maggioranza pro Europa. Pensando all’Italia e all’Unione europea tra 5 anni, prevale nettamente l’idea secondo cui l’Italia vi farà ancora parte (60%), mentre l’11 prevede che vi uscirà e il 12% che l’Ue addirittura non esisterà più.

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