L’ennesima sconfitta dell’alleanza PD-M5S.

di Gerardo Lisco. Pur in presenza dell’ennesima sconfitta, nello specifico quella relativa alle elezioni regionali in Molise, l’alleanza tra PD, M5S e altre forze di sinistra e di centrosinistra continua ad essere l’unica strada percorribile per costruire l’alternativa al centrodestra. Per comprendere come arrivarci bisogna capire le ragioni delle sconfitte elettorali fino ad ora collezionate. Il primo dato sul quale riflettere sono le leadership della Schlein e Conte.

Partiamo dalla prima.

L’elezione della Schlein a segretario del PD, al di là dell’armocromia e di altre trovate che hanno dimostrato la pochezza del personaggio, bisogna avere il coraggio di dire che è un corpo estraneo al PD. Che lo sia lo provano diversi fatti: lo slalom politico fatto in questi anni di militanza, il suo non appartenere a nessuna delle tradizioni politiche che hanno dato origine al PD, l’incapacità di cogliere fino in fondo cosa è oggi il partito del quale è segretaria, il fatto che è stata eletta segretaria grazie al voto massiccio di chi non vota PD ma spera che il PD diventi qualcosa di diverso da ciò che è oggi.

La sinistra della Schlein è quella che guarda alla questione ambientale in termini ideologici ignorando nel modo più assoluto i possibili effetti di una transizione ecologica non guidata ma lasciata agli umori delle piazze, dei “blocchi stradali”, all’imbrattamento delle opere d’arte, agli allarmismi fondati spesso e volentieri sul nulla. A differenza di coloro che pensano che la Schlein voglia  portare il PD “troppo “a sinistra” dico magari!

Il dramma è che  la  Schlein non sa minimamente dove andare.

Le dichiarazioni della Schlein sono un succedersi di frasi fatte e di dichiarazioni estemporanee molto convenzionali. A differenza di Conte la Schlein, ha però una fortuna, è segretaria di un partito che, pur con tante contraddizioni, è ancora organizzato sui territori per cui è in grado di mobilitare una parte di elettorato che gli consente di essere il primo partito nell’ambito del campo progressista. Dato questo da non sottovalutare.

Chi non regge il confronto è il M5S. In tutte le recenti tornate elettorali il M5S non è riuscito ad andare oltre il 2 – 3%. Nelle realtà dove ha avuto consensi maggiori come in Molise, dove ha preso il 7 % dei consensi, veniva da un risultato che lo vedeva al 38,70%. Nel 2018, M5S e centrosinistra + PD, separati superavano il 55% dei consensi; nel 2023 presentandosi in coalizione hanno avuto il 36,32% dei consensi.

In termini assoluti il centrodestra ha guadagnato, pur in presenza di una crescita dell’astensione, oltre 20.000 voti in più. Il voto molisano fa pensare tre cose: i candidati della coalizione e il candidato presidente non erano credibili; gli elettori che hanno votato M5S alle precedenti amministrative, se non si sono astenuti, hanno votato centrodestra; il M5S in ambito locale, a voler essere buoni, non è radicato.

Su questi punti vengono al pettine i limiti della guida Conte.

Il Presidente del M5S è stato un dignitoso presidente del Consiglio, lo è stato perché ha saputo guidare il Paese in un momento difficile assumendosi responsabilità enormi che molti italiani  ancora gli riconoscono. Passata la crisi pandemica e dopo essere riuscito a fare una campagna elettorale che ha convinto molti elettori di sinistra a votarlo , a distanza di qualche mese,  stanno emergendo tutti i suoi limiti politici che si aggiungono ai limiti propri del M5S.

Nonostante la buona volontà di “Giuseppi” il M5S continua ad essere un soggetto politico fluido, inconsistente e privo di  cultura politica. E’ il movimento politico che applaude alle sparate più o meno serie, più o meno ragionate del fondatore Beppe Grillo. Nella sostanza il M5S continua ad essere quello del “vaffa day”.

Se questo è il contesto è del tutto evidente che o da soli o in compagnia tanto Conte quanto la Schlein non riescono a scaldare il cuore degli elettori i quali preferiscono astenersi se non addirittura votare per la Meloni.

In questi mesi di opposizione tanto Conte quanto la Schlein non sono riusciti a far presa sulla coscienza del Paese. Ciò che hanno fatto è stato rincorrere movimenti estemporanei espressione di minoranze elitarie presenti nella Società civile italiana che, per varie ragioni, non accettano che una parte consistente di elettori abbia dato la maggioranza, seppure relativa, ad una formazione politica erede del fascismo.

Sia Conte che la Schlein hanno rincorso il prof. Villone e il Coordinamento Democrazia Costituzionale in merito al DDL Calderoli senza essere in grado di avanzare una proposta unitaria capace di mobilitare e convincere l’opinione pubblica. Alle manifestazioni organizzate nella città dove vivo, non penso che riguardi solo Potenza, facendo le dovute proporzioni, erano presenti più sigle sui manifesti che persone in piazza e questo nonostante la mobilitazione dei sindacati. Entrambi i leader hanno rincorso i pride organizzati in diverse  città; tanto la Schlein quanto Conte si sono convinti a vicenda che l’italiano sia un popolo omofobo e sessista oltre che razzista.

Di recente hanno deciso di cavalcare i farneticanti proclami di “Ultima generazioni” pensando di essere in presenza di masse di manifestanti pro ambiente quando invece le masse erano dall’altro lato degli striscioni messi di traverso per  bloccare il traffico. Tanto il M5S quanto il PD annaspano e se non fosse per la CGIL di Landini, che cerca di tenerli insieme fornendo loro il supporto logistico e le “masse”, penso che a quest’ora avrebbero già chiuso bottega.

Tanto il M5S quanto il PD, sovrapponendosi elettoralmente, continuano a muoversi lungo la linea rappresentata dal “neoliberalismo progressista” con l’ aggiunta di un pizzico di “populismo”  per cui, a queste condizioni,  pensare di allargare il consenso è una pia illusione. Qualcuno potrebbe obiettare che la manifestazione promossa di recente dal M5S aveva come tema la precarietà. L’intenzione era sicuramente buona, le esternazioni di Grillo sul salario universale e sulle brigate civiche di incappucciati che, notte tempo, sistemano marciapiedi, giardini pubblici ecc. hanno stravolto il senso della manifestazione sancendo  il principio che il M5S non può che andare dal  “vaffa day” al “vaffa day”.

Altro elemento dal quale si evince l’approssimazione e la confusione che regna nel campo progressista riguarda  il Mes.  Al senato e in commissione esteri il lavoro per così dire “sporco” lo hanno fatto il PD e Italia Viva i quali hanno votano a favore del testo della legge di ratifica del Mes. Il M5S, furbescamente,  si è astenuto pensando in questo modo di salvarsi rispetto alla posizione espressa dal già ministro Stefano Patuanelli quando dichiarò <<La riforma del trattato del Mes è il miglior risultato politico possibile. E’ un risultato ancora più importante, perché lo otteniamo con il metodo del lavoro di gruppo, di squadra. Mi aspetto un gruppo che domani voti in maniera compatta>>.

La Meloni lasciando tutti con il cerino in mano ha rinviato la decisione a settembre aprendo la trattativa con l’UE caricando a testa bassa la politica monetaria della BCE e la Lagarde, sottraendo, in questo modo, tanto al PD quanto al M5S la battaglia contro le politiche di austerità che i falchi del nord Europa vorrebbero imporre al resto dell’UE. Fuori dallo spazio politico rappresentato da entrambi i partiti c’è vita nel senso di potenziale consenso come prova il 40% e passa di elettori che non vota. Gli elettori che si astengono lo fanno perché i messaggi che vengono non sono comprensibili e rassicuranti.

Il reddito universale non rassicura, produce l’effetto contrario. M5S e PD in vece di sovrapporsi dovrebbero individuare gli elettori ai quali rivolgersi parlando in modo chiaro offrendo loro una prospettiva che tenga insieme l’oggi e il domani.  Mi rendo conto che non è cosa facile da farsi e questo non perché manchino le idee. Purtroppo a guidare le due principali forze di opposizione ci sono due leder che navigano a vista aggrappandosi di volta di volta a un qualche salvagente nella speranza che possano tornare utili , più che nella lotta contro la destra al governo,  per salvare se stessi.

L’impressione è che nessuno dei due leader sia in grado di guidare i necessari processi di trasformazione dei rispettivo partito/movimento. Cosa ancora più grave è la miopia che li rende incapaci di guardare oltre la cultura convenzionale rappresentata dal neoliberalismo progressista che contraddistingue il loro modo di essere. Le  idee forti e comprensibili utili alla costruzione del consenso stanno fuori dal perimetro rappresentato dal campo progressista.

Il mondo che sta fuori è ad esempio quello del laicato cattolico, delle associazioni di volontariato, penso a tutti coloro che a diverso titolo si oppongono al centro destra ma che nel contempo sono stanchi dei soliti riti e di una comunicazione  rivolta a minoranze molto combattive, ben sponsorizzate, e soprattutto utili a deviare il confronto politico dai temi che toccano la carne viva di milioni di italiani.

In conclusione ciò che emerge è la più totale confusione e la mancanza di bussola, poche idee ma molto confuse. Il prossimo anno si voterà in diverse regioni, in molti comuni e per il rinnovo del parlamento europee, di questo passo non penso che Conte e la Schlein arriveranno a mangiare il panettone da leader delle rispettive organizzazioni politiche. La qual cosa potrebbe essere una buona cosa.

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