La Sicilia e il coronavirus. di Attilio Runello

di Attilio Runello. In Sicilia hanno preso tutti molto sul serio le regole per cercare di limitare il contagio.
Nei negozi aperti si entra in modo regolamentato.
I supermercati hanno sempre del personale all’ingresso che regola l’afflusso. Due persone escono e due ne entrano. Le persone si mettono in fila rispettando la distanza di sicurezza. Nessuno scherza su tutto questo. La mascherina è ormai obbligatoria.
Le forze dell’ordine controllano le auto. A volte fanno posti di blocco e chiedono l’autocertificazione.
Le autorità locali si stanno distinguendo per spirito di iniziativa. Il sindaco di Catania ha partecipato alla distribuzione di pasti caldi per i più poveri. Il sindaco di Messina sta cercando di “chiudere” lo stretto. Per alcuni giorni potevano prendere il traghetto solo forze dell’ordine e personale sanitario. Negli altri giorni le persone che provengono dal continente devono registrarsi per fare la quarantena nel comune in cui ritornano o vanno a vivere.
Gli abitanti di Lampedusa hanno scritto preoccupati al Presidente della Sicilia a causa dell’arrivo dì migranti che potrebbero essere portatori di contagio. Infatti mentre gli abitanti dell’isola stanno a casa gli emigranti presenti nel centro circolano liberamente. Musumeci, presidente della regione ha individuato una nave con circa 460 posti letto della GNV per la quarantena obbligatoria degli emigranti. L’idea sembra sia arrivata dal Capo della protezione civile.
A Nicolosi, ridente comune dell’Etna, vengono distribuiti dalla pubblica amministrazione fra i residenti buoni di cinquanta euro per l’acquisto di generi alimentari. Sembra che lo facciano molti comuni e che i buoni vengano dati a tutti.
Le mascherina non si trovano in tutte le farmacie. Una lavabile può costare sei euro.
Un supermercato sta vendendo confezioni di venticinque mascherine usa e getta a venticinque euro. Un euro l’una. Ma lo fa con discrezione. Non sono esposte, ma se le chiedi alla cassa te le vendono.

Qualcuno ci fa notare che circa cinque euro dei venticinque sono di IVA, che è al 22 per cento. Lo Stato non potrebbe toglierla visto che ormai è obbligatoria ed è lo strumento sanitario più diffuso?

I bar sono tutti chiusi. Ma per chi non riesce a fare a meno del caffè del bar può andare sull’autostrada. Li trova aperti, ma il caffè viene servito in un bicchierino di carta e va consumato fuori.
L’autostrada Catania Messina – con i suoi bei parcheggi con vista mare e  tanto verde sulle pareti – è normalmente a pagamento. Ma nelle ultime tre settimane è stata gratuita.
Le rosticcerie  e le tavole calde sono chiuse, ma alcuni supermercati offrono questo servizio, per chi a casa non vuole cucinare. Naturalmente si consuma fuori.
Gli alberghi sono chiusi ma chi ospitava turisti prima del blocco, e i turisti hanno dei problemi ad andarsene, rimane aperto. Questo avviene in modo particolare in alcuni alberghi sull’Etna, che è stata piena di neve.
Per le strade un po’ di gente circola, quanto meno per fare la spesa. La domenica i negozi sono tutti chiusi e le strade sono deserte, segnale che l’obbligo di non uscire di casa è stato preso sul serio.
Il contagio è ancora abbastanza contenuto.
Del nord Italia e della elevata diffusione del contagio in quelle regioni si parla poco. Si attribuisce al cattivo funzionamento del sistema sanitario.
Le persone – dopo una prima fase di adeguamento alle regole, fase che si immaginava breve – cominciano a porsi delle domande: sino a quando durerà? Sino a quando dobbiamo stare a casa? E si inizia a sospettare che sarà lunga. Ma non si ha ancora il coraggio di dirlo.

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