Immobiliare europeo, crescono le macerie.

di Mario Seminerio. Qualche mese addietro ho scritto della crisi immobiliare che sta avvolgendo l’Europa, soprattutto dal versante degli uffici. Nel frattempo, la situazione è ulteriormente peggiorata e i segni di dissesto si moltiplicano, con dinamiche caratteristiche.

Bloomberg ad esempio segnala la situazione in Germania, dove si temevano problemi soprattutto dal versante dei proprietari ma la sofferenza acuta sta emergendo da quello degli sviluppatori immobiliari, cioè quelli che acquisiscono i terreni e procedono alla costruzione, per poi collocare le unità presso investitori.

LA DINAMICA DEL DISSESTO.
La traiettoria del dissesto è uguale in tutto il mondo, però: gelata della domanda e insolvenza degli sviluppatori. Ai bei tempi andati dei tassi a zero o negativi, il meccanismo era una macchina da soldi: ci si indebitava praticamente a titolo gratuito e si vendeva sul mercato l’opera ancor prima del completamento, grazie alla continua spinta rialzista dei prezzi.

Ora la situazione si è capovolta: in Germania, le transazioni immobiliari per uffici sono al minimo dal 2014, calcolate in media mobile a dodici mesi. Grandi proprietari, come la società quotata Vonovia, hanno segnalato nelle comunicazioni periodiche di bilancio che molti progetti sono a malapena sulla soglia dell’economicità, cioè non perdono soldi. La correzione ha preso velocità: dopo i primi segnali di debolezza, emersi circa un anno e mezzo addietro, negli ultimi due mesi le procedure di insolvenza si sono moltiplicate.

La dinamica del dissesto degli sviluppatori, come descritta nell’articolo di Bloomberg, parte dal deprezzamento del valore dei terreni, che innalza la rischiosità di tutto il progetto. Al crescere dei tassi d’interesse, anche l’obiettivo di profittabilità per gli investitori si è adeguato, attraverso l’aumento del rendimento da affitti richiesto. Ciò causa l’abbattimento di valore degli immobili in costruzione.

Per completare la tenaglia, gli sviluppatori devono affrontare il forte aumento dei costi di costruzione e degli accantonamenti per spese impreviste. Tutto si scarica quindi sul valore dei terreni, deprimendolo. Soprattutto, si crea la dinamica perversa in base alla quale, in queste condizioni, lo sviluppatore perde quanto più avanza nella costruzione. Da qui, il problema dei siti abbandonati o la cui costruzione viene interrotta, che causa veri sfregi urbani e problemi politici.

PROBLEMI PER FONDI PENSIONE E RISPARMIATORI.
Durante gli anni del denaro facile, molti sviluppatori fragili dal punto di vista del capitale riuscivano a prosperare proprio grazie alle vendite anticipate, prima del completamento della costruzione, a investitori istituzionali come fondi pensione, permettevano di rimborsare rapidamente prestiti che avevano spread anche corposi. Ora, in assenza di quelle vendite in corso d’opera, gli sviluppatori sono costretti a chiedere soldi ai propri azionisti ed investitori, spesso con scarso o nullo successo. Entriamo quindi nella fase in cui gli operatori minori finiscono in dissesto, ma la profondità della crisi e il blocco del meccanismo stanno rapidamente arrivando ai grandi nomi.

Tra gli investitori, alcuni fondi pensione si sono riempiti di immobiliare e ora si trovano a loro volta con problemi di liquidità, non solo per far fronte a richieste degli sviluppatori. Poi ci sono i risparmiatori retail, che sono esposti al settore soprattutto via obbligazioni high yield, quelle cosiddette “spazzatura”. Queste, come noto, negli anni del denaro facile sono state spesso emesse senza le protezioni per i creditori date dai cosiddetti covenant, e si trovano quindi ora ampiamente dietro le altre categorie di prestatori, nelle priorità di recupero. Di certo, molto dietro rispetto al credito bancario. In soldoni, gli obbligazionisti si sono più o meno deliberatamente esposti a un rischio assimilabile a quello degli azionisti. Cioè di essere spazzati via.

Da ultimo ma non per ultimo, la crisi del settore immobiliare rappresenta lo spegnimento di uno dei motori della crescita economica tedesca, che va a sommarsi alle sofferenze della manifattura. Che, come sappiamo, non appaiono congiunturali. Tempi decisamente difficili, per Berlino. Pensate per altri paesi europei con le spalle assai meno larghe.

Fonte: https://phastidio.net

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