Il referendum sugli artt. 35 e 38 è un’occasione da non perdere.

di Gerardo Lisco. Il 30 settembre 2015 è la data entro la quale dovranno essere depositate in Cassazione le richieste di referendum da parte delle Regioni. A tale incombenza è stato delegato il Presidente del Consiglio Regionale della Basilicata Piero Lacorazza in quanto promotore dell’iniziativa alla quale hanno aderito ben undici regioni italiane.

La richiesta di referendum riguarda l’art. 35 del “Decreto sviluppo” e l’art. 38 del c.d. “Sblocca Italia”. Tra le regioni che non hanno votato la richiesta di referendum vi è l’Emilia Romagna. Ciò nonostante, appare interessante la dichiarazione rilasciata all’ANSA dal Presidente della Giunta Regionale Stefano Bonaccini. Nella nota ha dichiarato “L’articolo 38 è confuso inattuabile in alcune parti, invasivo delle competenze regionali perchè allontana la decisione dai territori.”. Bonaccini conclude la sua dichiarazione dicendo che comprende le ragioni delle Regioni che hanno chiesto il referendum pur non condividendo il metodo e dicendosi convinto che il Governo possa accogliere la richiesta di modifiche. La vicenda referendum sugli artt. 35 e 38 è un’occasione da non perdere per diverse ragioni sia per le classi dirigenti meridionali che per quelle nazionali. E’ cosa nota che la materia trattata dai due sopra citati articoli riguarda soprattutto Regioni quali: Basilicata, Puglia e Abruzzo interessate allo sfruttamento delle risorse di idrocarburi individuate al largo delle loro coste e sulla terraferma. Ma limitare il tutto al solo interesse specifico di queste Regioni equivale a non aver capito i veri termini della questione. Il referendum apre il confronto sul futuro del Mezzogiorno. Per capire il dramma del Mezzogiorno è sufficiente il dato demografico che si evince da alcuni studi ISTAT. Le proiezioni dell’ISTAT sulla distribuzione della popolazione italiana da qui a metà del secolo indicano che il Mezzogiorno d’Italia perderà circa il 20% della popolazione attuale. Questa riduzione della popolazione sta a significare che il sud sarà abitato da persone prevalentemente anziane con evidenti aggravi di costi per il bilancio dello Stato. I dati ISTAT ci dicono che saremmo in presenza di una vera e propria desertificazione di intere aree dell’Italia Meridionale. L’ISTAT comunque interpreta una tendenza che potrebbe anche non essere confermata se saranno fatte scelte opportune in materia di politica economica nei prossimi due, tre anni al massimo. Invertire il trend significa avviare un processo di crescita del sistema economico italiano che potrebbe andare ben al di là dello zero e qualcosa per cento. Quindi la Questione Meridionale è Questione Nazionale ed è fondamentalmente sbagliato, come è stato fino ad ora, pensare che la “Questione settentrionale” , secondo la definizione data da Ricolfi, possa essere affrontata e risolta con politiche che tendono a salvaguardare gli interessi dei ceti egemoni settentrionali spostando risorse da Sud a Nord o semplicemente ignorando il Sud. Affrontare i problemi che pongono le Regioni con la loro richiesta di referendum significa ribaltare il paradigma dominante dirigista e tecnocratico e tornare a ragionare in termini di coesione sociale e territoriale usando gli strumenti della partecipazione Democratica. Significa fare un salto di qualità rispetto alle politiche sin qui condotte. Quanto è successo in Catalogna dovrebbe far riflettere. E’ il segno di quel “revival etnico” che sta interessando l’intera Europa a partire da quanto è successo nella ex Jugoslavia. Le identità localistiche, oscurate dal trionfo dello Stato – Nazione, tornano in auge come reazione alla dittatura tecnocratica e finanziaria che guida l’Europa Carolingia. Questo “revival etnico” dovrebbe preoccupare e far correre ai ripari le classi dirigenti non solo italiane. Ad aver prodotto la reazione sono state le politiche di austerità che hanno ridotto gli spazi di partecipazione democratica favorendo ingiustizia e diseguaglianza sociale in nome della riduzione del debito pubblico. Se non fosse chiaro è a rischio l ’integrità dell’Italia, o si resiste tutti insieme o non si salverà una sola parte. La desertificazione che risulta dalle proiezioni demografiche dell’ISTAT pone una sfida alle classi dirigente meridionali, per vincerla è importante, così come dichiara Bonaccini, la riscrittura dell’art. 38 dello “Sblocca Italia” ma questa deve essere accompagnata dalla riforma del Titolo V della Costituzione e da opportune scelte nel prossimo DEF .

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