Il nuovo sigaro ‘Granduca di Toscana Cosimo I’.

di Patrizia Vacalebri. Il sigaro è un piacere maschile non c’è dubbio. Pensiamo a Clint Eastwood, a Sergio Leone che lo faceva masticare nei suoi spaghetti western, a Winston Churchill che inizialmente si rifiutò di accenderlo per via della sua forma “stortignaccola”. Ai grandi appassionati di oggi come Pier Luigi Bersani e Toni Servillo. Ma la fortuna del Toscano si deve alle donne che da secoli lavorano tuttora a mano il tabacco di quelle terre feconde, le sigaraie.
Infatti nel 1560 fu proprio il Granduca di Toscana Cosimo I de Medici a decidere di far coltivare ai suoi sudditi quei semi di tabacco ricevuti in dono dal vescovo di Sansepolcro. Ora, a distanza di secoli, se ne parla perché è in arrivo il nuovo sigaro “Granduca di Toscana Cosimo I” che celebra le origini del tabacco in Italia. Manifatture Sigaro Toscano ha realizzato infatti il nuovo sigaro Granduca di Toscana Cosimo I, dedicandolo a colui che ne diffuse l’uso poi le basi per la nascita dei sigari a marchio Toscano. Ricevuti in dono quei semi di tabacco, il Granduca di Toscana Cosimo I decise infatti di consentire ai suoi sudditi l’avvio della produzione del tabacco nell’Alta Tiberina, considerata tuttora una delle aree di coltivazione più produttive in Italia. A richiamare le nobili origini del nuovo sigaro ci sono infatti gli elementi caratteristici dell’antico stemma mediceo: i cinque bisanti e lo sfondo azzurro. Ma Granduca di Toscana Cosimo I ha nel ripieno la forza delle foglie medio- alte e apicali del tabacco kentucky americano, affumicato per oltre 30 giorni con legno di noce e quercia, bilanciata dal tabacco toscano. Nella fascia risiede l’emblema delle sue origini: una foglia di tabacco kentucky della Valtiberina, che assicura una combustione regolare e influenza positivamente le componenti aromatiche e di gusto. Il nuovo sigaro é a lunga fermentazione per un gusto ricco, con note dolci e speziate. Il lavoro delle sigaraie accompagna fin dalla genesi la storia del sigaro Toscano. Sono state le prime donne ad entrare nel mondo del lavoro. A metà Ottocento erano una ventina. Alla vigila della prima guerra mondiale, 16.000. Oggi la loro professione richiede un lungo apprendistato: solo dopo 18 mesi si può raggiungere la preparazione necessaria al confezionamento del famoso ‘stortignaccolo’. La sigaraia deve possedere capacità e naturalezza nell’eseguire molteplici operazioni. La lavorazione di un sigaro ne richiede diverse tutte svolte a mano. Si comincia con l’umettare di colla d’amido di mais distribuita nella giusta misura, sia la tavoletta di legno sia il lembo di foglia disteso su di essa. Poi si sagoma a colpo d’occhio la porzione di lembo sufficiente a fasciare il sigaro: più la sigaraia ha esperienza e più sarà precisa. In seguito si pesa il quantitativo di ripieno necessario, composto da pezzi di battuto grandi e piccoli, in modo che la loro densità sia uniforme per tutta la sua lunghezza e che la loro disposizione sia favorevole al tiraggio. La sigaraia inizia così ad avvolgere la fascia attorno al ripieno con movimenti combinati di avanzamento e traslazione, in modo che il sigaro fasciato a elica con tre spire di fascia, risulti fusiforme e con i diametri in pancia e punte rispettati, avendo cura che le nervature della foglia risultino parallele all’asse di avvolgimento del sigaro. La sigaraia si serve della troncatrice doppia per la spuntatura. Per rendere un’idea del lavoro quotidiano di una sigaraia, si pensi che in un giorno ognuna può confezionare 500 Toscani pari a 10 medaglie e 20 sigari (la medaglia corrispondeva a 50 sigari confezionati). I sigari pronti vengono disposti sul tavolo della sigaraia in gruppi da 25 all’interno delle misurine. Una volta confezionati i sigari vengono controllati dalla Maestra, la più anziana sigaraia che coordina gruppi di 14 lavoratrici. Infine i sigari idonei passano sui telai di legno con fondo rete a maglie piccole, mentre i pezzi difettosi vengono restituiti alle sigaraie per riconfezionarli. Infine l’essiccazione e il passaggio alle celle di maturazione.

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