Il leader politico è come il capobranco. di Sergio Fissore

di Sergio Fissore. Alzi la mano chi non ha mai visto in televisione un combattimento fra due animali per la supremazia nel branco. Lupi che lupano, leoni che si zampognano, cervi che incrociano le corna, tutti lottano per diventare il capo del branco. Visto che esclusivamente gli antievoluzionisti ed i bigotti di ogni religione sono convinti che l’uomo non discenda dal mondo animale, credo si possa affermare che la stesse caratteristiche di branco e di leader sono anche nostre.

Si spera nella clemenza dei lettori nell’estrema sintesi che presenta l’evoluzione del capobranco. All’inizio quasi certamente il miglior cacciatore, a cui si aggiungono il vecchio saggio e lo sciamano. Poi le capacità belliche prendono il sopravvento su quelle alimentari e si affiancano al passaggio del potere agli eredi.

L’evolversi della società in democrazia ha portato ad un primo e sostanziale cambiamento: il capobranco non era più assoluto, ma coordinatore di altri capibranco (presidente, ministro, rappresentante ed altri nomi). Le dittature dell’inizio dello scorso secolo introducono le capacità oratorie del capobranco. Erano necessarie anche prima, sono diventate predominanti. Dei tre dittatori europei della seconda guerra mondiale solo Franco aveva un passato militare: Hitler era stato un imbianchino e Mussolini un giornalista.

Il leader non deve più dimostrare le proprie abilità o doti per meritare il comando (cacciare, combattere, parentele o mediazione), ora deve convincere e persuadere le masse, radunando il branco.

Il fenomeno, diffuso in modo planetario, ha uno dei suoi centri in Italia. Capi, capini e capetti si scontrano quotidianamente per fette più o meno grandi di potere. Qualche vittoria, alcune sconfitte e molti passaggi dalle stelle alle stalle (Gianfranco Fini chi?). Il vincitore assoluto degli ultimi decenni è senza dubbio Silvio Berlusconi, forte sia della sua capacità oratoria che della potenza del suo impero economico. L’unico vero avversario, Romano Prodi, non ebbe mai il branco compatto e coeso sul suo nome e gli esiti sono ricordati da tutti.

A cosa serve attaccare frontalmente e personalmente il capobranco? A rafforzare e consolidare il branco. 30 anni di antiberlusconismo hanno portato ad elezioni con esiti disastrosi per l’opposizione, mentre Forza Italia stravinceva dappertutto con percentuali bulgare. Attaccando il branco si ottiene il medesimo esito. Definizioni magari divertenti ma balzane come grillioti, fascioleghisti o sforzisti non hanno scalfito le percentuali di voto, anzi, e non è pidiota che ha fatto perdere le elezioni al centrosinistra.

Capo e branco sono due parti del medesimo corpo che si autoalimentano reciprocamente, attaccare una sola delle due parti determina il rafforzamento dell’altra.

Si dovrebbe riportare la lotta sul terreno della politica, sul pensiero, sulle idee, sui progetti futuri e sugli stili di vita che dovremo affrontare, ma il pensiero, le idee ed i progetti futuri latitano o sono assenti ingiustificati in questo periodo.

Dobbiamo farcene una ragione e voltare pagina, per quanto possibile.

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2 Responses

  1. Gina'77 ha detto:

    Il capo branco è proprio l’espressione giusta, parlando di persone come i politici, che sono senza scrupoli e con una fame da… lupi!

  2. Giacomo-TO ha detto:

    I capobranco possono portare anche alla rovina, come dimostra la Storia.
    Credo invece in un’Opinione Pubblica attenta, preparata e capace in grado di controolare quello che fanno coloro che hanno la DELEGA a governare.
    La democrazia è governo di Popolo, il Parlamento è il motore.
    In Italia siamo passati dalla democrazia, alla partitocrazia ed ora alla Leaderocraziambia un’Opinione Pubblica che pesi. In Italia la Opinione Pubblica è trasparente.
    Bossi, Berlusconi,…, cosa è CAMBIATO? sTIAMO SEMPRE PEGGIO.
    Il capobranco nei lupi:lavora il doppio e manigia la 1\2, in politica questo nonmi pare che accada.

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