La civiltà di una Nazione si misura anche dall’umanità delle sue carceri.

di Antonello Laiso. Quei fatti di due anni fa ovvero di quelle violenze commesse dalla penitenziaria nel carcere di Santa Maria Capua Vetere come rappresaglia ai danni di più di cento detenuti per una loro precedente rivolta sono ancora nella nostra mente.
Quello scempio, quell’orrore, quella barbarie e nondimeno quel detenuto in carrozzina colpito con un manganello ripreso e fatto vedere in tv  ha fatto il giro del mondo dando una cattiva immagine del nostro modo di concepire la giustizia italiana, una delle migliori del mondo con tre gradi di giudizio.

Siamo scesi purtroppo con quelle immagini a livello di paesi cileni o similari quando non esistevano quelle giuste garanzie di diritto penitenziario anche per chi ha commesso un delitto da scontare con la giusta pena del carcere.
Orbene quella pena deve pur avere una dignità sancita in primis dalle nostre leggi e poi dal nostro modo di vivere civile e  ancora dalla nostra coscienza..

Quando quella dignità viene lesa e nel peggiore dei modi barbarici, come in quelle scene che hanno girato per giorni su vari quotidiani e nei TG, non vi possono essere scusanti ne attenuanti.

Chi scrive è stato per anni giudice popolare di Corte D’Assise e quindi ben abituato a constatare e giudicare i più efferati delitti ma nonostante ciò quelle torture inflitte sono  particolarmente rimaste nella memoria non soltanto personale ma di tutti. Di tutti quelli che le hanno viste.

Non deve essere solo quella giusta pena inflitta per tali situazioni a fare da deterrente affinché tali fatti che si verificano purtroppo non di rado nelle nostre carceri sovraffollate restano solo un ricordo, la civiltà di una Nazione è anche questo: la vivibilità del carcere.

Si spera in quel risveglio delle coscienze assopito spesso nei luoghi di pena nei quali si paga e tanto con la limitazione  della libertà per espiare un delitto.

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