Escort fa più chic di prostituta!

di Grazia Nonis. Per non urtare l’altrui sensibilità abbiamo messo al bando “cieco, sordo, zoppo e disabile” sostituendoli con “non vedente, non udente, claudicante e diversamente abile” e ancora “domestica, bidello, spazzino” divenuti “colf, collaboratore scolastico e operatore ecologico”. Non ultima la escort, termine chic da utilizzare per chi si vende tra
lenzuola di seta, mentre chi fa sesso sui sedili posteriori di un’automobile resta una prostituta. Chissà perché siamo obbligati a fare un distinguo anche se, o lì o là, la danno via alla stessa maniera. E’ di questi giorni la campagna “Anche le parole possono uccidere” per una nuova alfabetizzazione delle parole fondamentali che, a detta dei suoi sostenitori, alimentano intolleranza e razzismo. Tra le “innominabili” troviamo Rom, clandestino, terrorista, ciccione ecc, ecc. I paladini di questa campagna affermano che “Chiamare clandestino un rifugiato significa punirlo due volte dopo che è stato già vittima di un regime”. In parole povere, anche quegli immigrati che risiedono illegalmente sul nostro territorio non potranno essere definiti “clandestini”, bensì migranti, rifugiati o richiedenti asilo. Non ci sono ancora notizie certe sull’uso del termine “Irregolare” e siamo in attesa di sapere se saremo autorizzati ad utilizzarlo o correremo il rischio del bavaglio. Per questi geni della “Nouvelle Langue” additare un Rom come Rom è da evitare poiché equivale a categorizzare un’etnia: Rom uguale a ladro. Segue poi il termine “terrorista” che, a detta loro, noi barbari associamo impropriamente a “musulmano”. Al bando anche “ciccione” che può alimentare sbeffeggi e prese in giro tra gli adolescenti e sfociare in atti di bullismo come nell’atroce caso di Napoli dove tre delinquenti hanno violentato un ragazzo con una pompa ad aria compressa perforandogli l’intestino: lo prendevano in giro perché era grasso e l’han punito così. Ma siamo seri, queste bestie l’avrebbero brutalizzato anche se fosse stato magro, palestrato, basso, alto o normopeso. Chi è senz’anima e senza coscienza non ha bisogno di trovare una scusa per la violenza che si accinge a fare. Più che vietare le parole bisogna arrivare al cuore delle persone e dei genitori che educano i figli con valori morali spesso inesistenti perché essi stessi sterili d’animo. Sostituire una parola con un’altra non significa eliminare il problema, poiché chi la utilizza in maniera dispregiativa continuerà a farlo anche con i suoi più eleganti sinonimi. Ma noi, abituati dalla notte dei tempi all’utilizzo di alcune parole semplici, comuni ma oggi da censura, siamo imbarazzati ed impauriti al solo pensiero di farcele scappare. Scambiamo opinioni e facciamo chiacchiericcio abbassando la voce all’uso della parolina vietata per non essere ascoltati dall’ipocrita nemico che potrebbe udirci e quindi bollarci intolleranti o xenofobi. Dobbiamo stare attenti, bambini compresi, a dare dell’antipatico al conoscente di colore per non essere catalogati come razzisti. Dove ci porteranno le ipocrisie di oggi e i futuri divieti di domani? Probabilmente ci manderanno di nuovo a scuola per imparare a memoria il nuovo vocabolario del buon italiano e, se somari, ci spediranno in presidenza per venir castigati dalla Boldrini di turno. Forse si arriverà alle punizioni corporali partendo dal lavaggio della bocca col sapone e per i ripetenti alla mozzatura della lingua. Dobbiamo dire ‘NO’ alla censura perché è dai suoi censuratori che dovremmo guardarci, da quelli che praticano il blablaismo imponendoci l’etica della parola giusta. Stiamo percorrendo una strada pericolosa che potrebbe portarci indietro nel tempo, quando il comune cittadino veniva catalogato e classificato a seconda delle idee, delle abitudini, delle relazioni d’amicizia, dei comportamenti sessuali e delle eventuali situazioni e atti percepiti come riprovevoli.

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