La Sinistra si è infatuata dell’ennesima patacca culturale: il populismo.

di Gerardo Lisco. Ancora una volta in mancanza di una visione autonoma e alternativa all’ideologia neoliberale, la Sinistra si è infatuata dell’ennesima patacca culturale e cioè del “populismo”.

Il populismo storicamente nasce nella Russia zarista tra fine 800 e inizio 900 e nello stesso periodo si afferma anche negli USA. Movimenti e partiti politici populisti sono stati presenti in diversi contesti storici e in diverse aree geografiche. Il termine populista  da qualche anno è ritornato in auge venendo utilizzato dalle elites per stigmatizzare quei movimenti politici che si contrappongono alla globalizzazione e al neoliberalismo.

Di contro i movimenti politici che contestano il sistema utilizzano il termine populista in un’accezione positiva  riferendolo al popolo come ispiratore e depositario di valori positivi, specifici e permanenti in contrapposizione alle elites.

Dalla corposa letteratura sul tema ciò che appare chiaro è che il termine populismo non è affatto chiaro o meglio è un concetto utilizzabile à la carte nel senso che esso può essere usato per definire tutto e il suo contrario. A titolo di esempio populista sono stati definiti: Obama,  G.W. Bush, Hilary Clinton e Sarah Palin, Evo Morales, Cristina Kirchner,  Bolsonaro e lo stesso Trump.

Il termine populista ha finito con l’identificare  movimenti politici di sinistra come Podemos, La France Insoumise, movimenti post ideologici come il M5S  e movimenti politici chiaramente di destra come la Lega o di destra estrema come Alternative für Deutschland.

Sull’onda dell’idea “populista” sono nati movimenti, associazioni , sono stati pubblicati saggi, articoli e libri con l’intento di costruire anche a Sinistra un qualcosa in grado di presentarsi come alternativa al sistema neoliberale. Avendo seguito il dibattito e avendovi anche partecipato, ultima iniziativa sul tema alla quale, in ordine di tempo, ho partecipato è stato il VII Congresso del Network per il Socialismo Europeo tenuto a Fiuggi il 7 e 8 dicembre u.s. iniziativa interessante e di qualità visto il livello dei relatori tra i quali cito: Cesaratto, Somma, Besostri, Fassina, Turci, Clericetti, Pastrello. L’impressione che ne ho ricavato è che la stagione populista, ammesso che sia nata, è già morta.

Sul piano teorico nonostante gli eccellenti lavori di Ernesto Laclau e di Chantal Mouffe il concetto di “populismo” resta indefinito per cui non può essere considerato come base culturale per il rilancio del Socialismo o più in generale della Sinistra. Per la vaghezza che lo connota populista possono essere definiti tanto il movimento ambientalista che ha in Greta Thunberg il riferimento quanto la mobilitazione delle “sardine” che sta occupando le piazze italiane in questi giorni.

E’ dalla vaghezza del termine che ne discende il crollo elettorale seguito al successo elettorale di movimenti come il M5S, Podemos e La France Insoumise. I movimenti populisti pur nascendo in contrapposizione alle elites, riuscendo a porre all’attenzione del dibattito politico temi importanti ed essenziali per strati ampi della società, alla fine si rivelano i migliori alleati dell’establishment diventando valvole di sfogo della protesta sociale.

Il populismo, come abbiamo potuto vedere proprio in Italia, è stato alimentato dai media pro establishment. La lotta alla corruzione, giusta e legittima, si è tradotta in attacco tout court alla politica. La lotta alla corruzione, denunciata da tanti opinion makers con articoli e libri che hanno fruttato fior di quattrini agli autori, ha spianato la strada all’azione controriformista operata dalle elites con politiche economiche neoliberiste funzionali allo smantellamento del welfare state, alla riduzione dell’intervento dello Stato in economia, alla riduzione dei diritti sociali in nome della competenza, della meritocrazia e della libertà individuale.

Il movimento ecologista che ha nella Thunberg la paladina è un esempio di populismo favorito dall’establishment. Tenere distinta  l’elezione della Von Der Leyen dalla costruzione mediatica del personaggio Greta Thunberg significa non avere contezza di ciò che sta succedendo. I temi ambientali già da anni sono al centro del dibattito politico ma solo di recente hanno assunto una rilevanza mediatica enorme.

L’establishment si è appropriato del tema e attraverso i media sta operando per costruire un’opinione pubblica favorevole a tale questione perché la riconversione ecologica del sistema produttivo è la soluzione alla crisi che il sistema stesso ha creato. Nei Paesi del primo mondo, ad alto sviluppo industriale, è solo la costruzione di un mercato legato alla questione ecologica il modo per alimentare la crescita del PIL. Che la crisi ecologica sia globale è certo come è altrettanto certo che convincere  chi ha poco o addirittura nulla a modificare stili di vita e ridurre i consumi è impossibile.

Libertà individuali, flessibilizzazione del lavoro, gentrificazione, alimentazione macrobiotica sono alcuni dei simboli che identificano lo status sociale delle elite a questi adesso bisogna aggiungere l’ ecologismo. Che sia possibile coniugare Liberalismo ed Ecologismo lo prova la conversione al liberalismo dei Verdi tedeschi.

Da quanto esposto l’unica risposta che riesco a dare è che la soluzione sul piano della cultura politica al rilancio di un progetto politico di Sinistra non è il populismo ma il riformismo. Il populismo pur presentandosi con fogge diverse  alla fine finisce con l’essere funzionale all’establishment a causa della sua vaghezza concettuale.

La Società è talmente complessa che richiedere sintesi capaci di mediare interessi diversi e spesso contrapposti e non vaghezza. La questione ecologica è un esempio che prova come possa essere affrontata e risolta anche in chiave neoliberale ignorando le questioni di fondo che interessano la società contemporanea e cioè la crescente disuguaglianza sociale e il crescente impoverimento di strati sempre più larghi di Società. Da quanto si evince da mutamenti sociali in corso la gerarchia sociale e la distinzione tra elites e masse progressivamente non verrà più definita dalla quantità di beni posseduti e/o consumati ma dalla loro qualità.

La differenza di classe verrà sempre di più definita dagli stili di vita e quindi dalla qualità di ciò che si possiede e si consuma.

Per affrontare questi temi la Sinistra più che rifarsi al populismo ha bisogno di un approccio riformista. Più che di Socialpopulismo c’è bisogno di una nuova stagione Socialriformista. In fin dei conti “Les trenta glorieuses” sono il risultato di una grande stagione politica riformista non certamente populista.

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2 Responses

  1. Emma M. ha detto:

    populismo non è mica una parolaccia, il fatto drammatico è che ormai nessuno neppure il popolo, sta dalla sua parte!

  2. Giacomo-TO ha detto:

    Il Populismo è nato in Russia, nella Russia zarista.
    Il Populismo è nato come movimento SOCIALISTA: portare la cultura alla popolazione russa dell’epoca che viveva nello stato servi della gleba.
    Il Populismo è nato come un Movimento Socialista.
    Che qualcuno se ne sia appropriato, defomrandolo e svuotandolo della sua essenza originaria è altra faccenda.
    Però smettiamola di chiamare populisti soggetti di DESTRA che nulla hanno in comune con quello è è e rimane una dottrina politica Socialista dell’800.

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