Buoni pasto, serve una riforma altrimenti…

Se non ci sarà una riforma radicale del sistema di erogazione dei buoni pasto, le imprese della distribuzione commerciale e della ristorazione potrebbero smettere di accettare i ticket.

Un danno enorme per circa 3 milioni di lavoratori pubblici e privati che utilizzano quotidianamente questo strumento per assicurarsi il pasto. A lanciare l’ultimo grido di allarme sono le principali associazioni dei settori interessati, ANCD Conad, ANCC Coop, FIEPeT Confesercenti, Federdistribuzione, FIDA e Fipe Confcommercio, che vogliono “accendere un riflettore sulla degenerazione del sistema dei buoni pasto”, alla vigilia della pubblicazione della gara BP10, indetta dalla centrale unica di acquisto, Consip, e prima di “avviare azioni più drastiche”. Due i problemi legati ai buoni pasto:

1. Le gravose commissioni pagate dagli esercizi presso i quali i buoni pasto vengono utilizzati. Per ciascun buono da 8 euro il bar, il negozio alimentare, il bar o il supermercato ne incassa poco più di 6. Per le aziende si tratta di una tassa occulta del 20%;

2. Gli esrecizi hanno bisogno di cassa, in quanto devono pagare i fornitori a 30 giorni, ma incassano a 60 giorni se va bene, altrimenti anche dopo.

Eppure ci sarebbe una soluzione semplice, semplice: mettere in busta paga l’equivalente dei buoni pasto!

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