Ad una ‘pensione di cittadinanza’ di 780 euro, deve corrispondere una ‘pensione contributiva’ pari almeno al doppio!

di Redazione. Fermo restando che il fine dell’azione di ogni governo deve essere il conseguimento del bene comune, il rispetto della vita e dell’essere umano con politiche economiche e sociali che garantiscano a tutti i cittadini uno stile di vita dignitoso, va anche detto che la solidarietà tra cittadini è il collante di ogni società e che nessuno deve restare indietro. Quindi, nessuna guerra tra poveri. Ma il rispetto delle regole, quello sì! Per cui, a certe condizioni (no lavoro nero, no rendite da capitale, no finti disoccupati), va bene il reddito di cittadinanza (subordinato ad un’azione temporale mirata all’occupazione). E va bene anche la pensione di cittadinanza (corrisposta per reali e comprovate indigenze, e non a pioggia). Va bene tutto. Ma non può andare altrettanto bene che un lavoratore dopo aver versato all’Inps contributi per almeno 40 anni venga poi collocato a riposo con una manciata di euro in più rispetto a chi, per i più svariati motivi, riceve una pensione di cittadinanza. I provvedimenti in fase di attuazione nella prossima manovra finanziaria devono tener conto non solo dei disoccupati e delle pensioni minime, ma anche degli stipendi e delle pensioni dei lavoratori che non possono essere liquidati come chi percepisce i cosiddetti redditi di cittadinanza. Tradotto in soldoni: se ad un ‘pensionato sociale’ viene corrisposta una ‘pensione di cittadinanza’ di 780 euro al mese, ad un ‘pensionato regolare’ deve essere corrisposto almeno il doppio!

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