Trattato di Maastricht: 20 anni compiuti in sordina!

di Enrico Tibuzzi. Maastricht compie 20 anni e li dimostra tutti. Scritto con l’obiettivo di passare da una Comunità solo economica a un’Unione che fosse anche monetaria e politica, il Trattato è stato travolto, specie in questi ultimi anni di crisi, da eventi che ne hanno mostrato i limiti. E soprattutto hanno messo in evidenza che, esaurita la spinta propulsiva derivante della riunificazione tedesca, i governi Ue – passati nel frattempo da 12 a 28 – non sono stati capaci di dare un seguito adeguato agli impegni presi vent’anni fa da leader quali Helmut Kohl, Francois Mitterand e Giulio Andreotti vincendo le resistenze dell’indimenticabile ‘Lady di ferro’ Margaret Thatcher. Dopo la grandissima fatica con cui, nel 2009, si è arrivati all’entrata in vigore di un Trattato di Lisbona pesantemente depotenziato (tanto da perdere il titolo di ‘Costituzione’), il dibattito sulle nuove riforme istituzionali europee che doveva essere alimentato sotto la guida del presidente permanente del Consiglio Europeo, Herman Van Rompuy, è praticamente finito nel dimenticatoio tra l’indifferenza dei governi. E gli unici interventi ‘pesanti’ effettuati sono stati dettati dall’urgenza di dare risposte alla crisi economico-finanziaria e di assicurare la sopravvivenza dell’euro. Ma secondo la maggioranza degli osservatori, il Patto di bilancio (o Fiscal compact che dir si voglia) con il quale si è voluta mettere una nuova camicia di forza ai conti pubblici nazionali e il percorso avviato per realizzare l’unione bancaria, in assenza di un rilancio del progetto politico d’integrazione, riusciranno solo a mettere temporaneamente in sicurezza la moneta unica. Che rischia di essere rimessa nuovamente in discussione, almeno rispetto alla sua attuale struttura, da spinte populiste e nazionalistiche alimentate da quella che viene percepita, a torto o a ragione, come l’incapacità dell’Ue di dare risposte a un crescente malessere sociale in diversi Paesi partner. Uno scenario non particolarmente esaltante alla luce del quale si capisce perchè l’anniversario del primo novembre 1993, data dell’entrata in vigore del Trattato – il terzo a essere ricordato dopo quello dell’accordo raggiunto nella città olandese nel dicembre del 1991 e quello della firma, avvenuta il 7 febbraio del 1992 – non viene celebrato con particolare enfasi. Maastricht però non è stato solo moneta unica. Vent’anni fa vennero anche poste le basi per una politica estera e di sicurezza comune – che ha portato poi all’istituzione dell’Alto rappresentante Ue – e per la cooperazione nei settori della giustizia e degli affari interni. Introducendo tra l’atro la cittadinanza europea e la procedura di codecisione che consente all’Europarlamento di avere voce in capitolo sulle norme proposte da Commissione e Consiglio. Certo è però che quell’unione in politica economica che doveva costituire la seconda gamba (la prima è la moneta unica) su cui far camminare il processo di integrazione europea ancora stenta a vedere la luce. E che è sempre più difficile trovare il modo di controbilanciare lo strapotere della Germania di Angela Merkel per evitare che il futuro dell’Unione sia disegnato esclusivamente a immagine e somiglianza di Berlino.

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