Spezziamo una lancia in favore dei ‘social network’.

di Attilio Runello. Nei media i social network vengono riportati di frequente per i loro effetti deleteri. Molti giornalisti o intervistati criticano i giovani perché sono sempre attaccati sui social al cellulare e non coltivano le amicizie reali. A volte sono all’origine di episodi di cronaca nera. Cyberbullismo, truffe, fakenews. Inoltre spesso portano a una mentalità consumistica.
I social network sono  per definizione un luogo (non fisico), nel quale le persone si incontrano.
Come in ogni luogo esiste un’etichetta di comportamento, non scritta, che lo caratterizza. È a volte è anche scritto in alcuni gruppi.
Ad esempio, su LinkedIn le persone parlano principalmente di lavoro. Infatti, l’obiettivo del social è quello di riunire tutti lavoratori per creare nuove possibilità di collaborazioni.
Su facebook prevale l’amicizia ma c’è molto spazio anche per aziende, pubblicità, gruppi di interesse.
Su Instagram si postano foto con commenti e il rapporto è con i followers. ‘X’ – ex Twitter – si basa sulle comunicazioni brevi e i followers.
Tiktok sui filmati personali. Youtube riporta molti film, lezioni di ogni tipo. Tutto reso gratuito.
Sono dunque anche una grande fonte di apprendimento o intrattenimento.
Tutti inoltre possono commentare quello che altri postano o scrivono. Questo porta a volte ad un linguaggio da bar o ad accuse ingiuste. Se si è soggetti fragili può rappresentare un pericolo.
Se tutto questo si aggiunge al web – di cui fanno parte –  va da sé che rappresentano un concorrente scomodo per carta stampata, libri e film nei cinema.
Però l’effetto è ambivalente e in parte positivo.
È vero che si assiste a volte a linguaggi sgrammaticati. Ma prima di internet la gente non scriveva quasi per niente. Le lettere le scrivevano in pochi. Molti le cartoline. Finite le scuole non si scriveva più se non per lavoro, per chi svolgeva lavori di concetto o da laureato. Per comunicare da lontano c’era il telefono dove ognuno parlava come sapeva, anche in dialetto o in modo sgrammaticato.
Oggi si scrive molto di più. E in molti casi bene.

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1 Response

  1. Elio'70 ha detto:

    Il bue che dice cornuto all’asino!? Non mi sembra che l’articolista – molto prolifero – rientri nella categoria che lui stesso definisce di chi “scrive bene”. Forse l’Attilio farebbe bene a rileggere i suoi cosiddetti articoli, prima di pubblicarli! Un consiglio? Meno quantità e più qualità. Grazie

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