Romania ed Italia: unite nella costruzione del domani.

di Marco Baratto. Nel breve volgere di un mese, il popolo e la comunità romena sia in Patria sia presente in Italia sarà chiamata a fare memoria del proprio passato e del proprio futuro. Il 30 Novembre, con la ricorrenza di Sant’Andrea Apostolo, si ricorda il legame tra le terra romena e la cristianità, ribadendo come un popolo ed una nazione non può fare “nulla senza Dio” e celebrando la ricorrenza dei cittadini romeni all’estero.

Un elemento, quello della comunità romena, sempre più caratteristico delle nostre realtà urbane e non. Una presenza non solo economica e produttiva ma anche culturale e religiosa, come dimostrano le oltre 100 parrocchie della Chiesa Ortodossa, la significativa testimonianza delle comunità greco cattoliche e ancor di più la sempre più marcato servizio di numerosi sacerdoti cattolici (rito latino) nelle diverse diocesi d’Italia alcuni dei quali a capo di parrocchie che ,senza questa presenza sarebbero senza sacerdote. Il 1 dicembre, poi, con l’anniversario della proclamazione della Grande Romania si vuole sottolineare il ricordo dell’inizio del periodo più glorioso della Patria Romena finalmente unita dopo secoli di lotte. Infine , nei giorni del Natale, l’anniversario della Rivoluzione che riportò la Romania ad essere una Nazione democratica e fedele alleato della Nato in Europa orientale.

Tutte date e avvenimenti che segnano l’ “amore per la libertà “ di questo popolo. Un amore che viene da lontano e che ha visto tante volte assieme combattere per la stessa causa italiani e romeni. Come non ricordare uomini come Ioan Dragescu (1845-1915) che dalla natia Transilvania venne a studiare a Torino dove si laureo in medicina. Nel 1866  si arruolò volontario per partecipare alla Terza Guerra d’ indipendenza italiana. Ritornato in Romania organizzò il servizio sanitario in Dobrugia contribuì con l’opera e gli scritti agli scambi italo/romeni fu ammiratore di Mazzini e Garibaldi e nel 1869 pubblicò a Torino il romanzo storico Notti Carpatiche che a Budapest era stato sequestrato perché esaltava le imprese eroiche di Horea, Cloșca și Crișan martiri romeni della libertà sostenendo l’unione di tutti i romeni dell’una e dell’altra parte dei Carpazi.

Oggi come non mai c’è la necessità di fonti energetiche immediatamente impiegabili. Infatti i tempi per la transizione ecologica sono lunghi, per cui sussiste il bisogno di puntare ancora sulle risorse fossili. Difatti la società attuale ha bisogno di molta energia, e alle condizioni attuali le rinnovabili non possono assicurare di coprire la richiesta, per cui resta quadi d’obbligo il ritorno al carbone.

L’IEA (International Enaergy Agency) prevede addirittura che il consumo del carbone crescerà in Europa del 40%.

Tuttavia nella visione collettiva il carbone appare come fortemente inquinante, ma le tecniche moderne permetto la realizzazione di un carbone pulito e filtri per i gas dispersi in atmosfera.

Nella valle del Fiume Jiu esistono giacimenti di carbone sfruttati fin dall’epoca romana, e lì nel 1840 fu aperta la prima miniera dell’Era moderna. Durante il periodo comunista erano attive 16 miniere di carbone nella valle dello Jiu, 12 di queste oggi sono ora chiuse. La gente del posto ha visto scendere l’occupazione nel settore carbonifero da 50mila addetti negli anni ’90 ai circa 4mila di oggi.

Bisogna essere pragmatici: si tratta di miniere che possono ancora dare molto, per cui è auspicabile la stipula di un accordo bilaterale con la Romania basato sul programma di ammodernamento delle miniere attraverso la compartecipazione dell’imprenditoria italo rumena; serve inoltre un rilancio degli impianti estrattivi per assicurare un futuro lavoro per l’area, e soprattutto l’impiego del carbone garantirebbe prezzi calmierati dell’energia per l’Italia e la Romania.

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