Per capire che cos’è davvero il Made in Italy.

di Davide Burchiellaro. Se è vero che una delle caratteristiche principali della Generazione Zeta è la ricerca di autenticità, la prima lezione da imparare dovrà essere conoscere i Maestri d’Arte e Mestiere. Perché oltre agli algoritmi nel futuro italiano ci sono gioiellieri d’eccellenza, ombrellai geniali e macellai laureati che aspettano i ragazzi a bottega.

Dalla pasticceria alla meccanica di precisione, infatti, c’è un filo che unisce padri, figli, nonni, nipoti. Orgoglio immutato di un’Italia che tesse, incide, distilla, intaglia, fonde, intreccia, soffrigge, apparecchia, annusa, cuce, disegna, piega, ricama, coltiva e infine racconta con le proprie mani e la propria immaginazione la bellezza. Nonostante le difficoltà.

Quello stesso orgoglio che, alla cerimonia di consegna del Premio Maestro d’Arte e Mestiere, fa pronunciare la frase: «Non abbiamo il gas, ma abbiamo queste». Alberto Cavalli, direttore generale di Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte mostra le mani sul palco del Teatro Litta di Milano. E fa una sintesi che vale anni di lavoro (a volte secoli). E che conta ancor di più se espressa da un manager che è raro esempio di come una profonda cultura umanistica possa diventare dirimente nella nostra economia del futuro.

I nuovi Mam premiati quest’anno erano tanti. Ma non è stato possibile per nessuno in platea lasciare l’evento in fretta e furia, perché ogni stralcio di storia raccontata su quel palco si è arricchita della presenza dei protagonisti stessi, in un avvincente alternarsi di mestieri antichi praticati da giovani illuminati e di innovazioni sposate anche da chi oggi potrebbe godersi la pensione in qualche rifugio ameno.

Passi in rassegna queste persone, osservi i loro volti, poco avvezzi ai palchi e alle falcate tipiche delle star aziendali. E all’improvviso il fatto che i Maestri provengano da storie culturali e professionali diverse perde completamente importanza: hanno tutti lo sguardo di chi ha avuto la fortuna ma soprattutto la perseveranza di inseguire la propria passione. Fino a realizzare i propri sogni.

Nessun discorso pubblico da CEO rampante e brillante potrà mai comunicare questa particolare autorevolezza e quel carisma che deriva dal saper fare e saper insegnare. Nessun esperto di finanza potrà mai convincere questi uomini e queste donne che il mondo è bello solo se è “scalabile”. E bisogna avere il coraggio di dirlo, se si crede all’Italia e se si vuole contrastare quella perniciosa tendenza a guardare soltanti i grandi numeri.

Tra pochi mesi un libro compirà 50 anni. Piccolo è bello, Uno studio di economia come se la gente contasse qualcosa è infatti un testo di Ernst Friedrich Schumacher uscito nel 1973. Ebbe un certo successo, ma a guardare com’è messo il mondo oggi, si può dire che sia stato dimenticato troppo presto. Schumacher parla di eccessi di produzione, di ambiente e etica della “compatibilità” avvertendo che l’economia che persegue una crescita infinita non farà bene all’umanità e al suo habitat.

Un concetto che oggi appare quasi banale, ma i cui esempi virtuosi potrebbero tranquillamente essere visti nella capacità di creare e diffondere qualità dei piccoli, soprattutto se Maestri d’Arte e Mestiere.

Le mani protagoniste di Premi come Mam meriterebbero l’attenzione e le coccole di molti Ministeri di un governo ideale, dallo Sviluppo Economico all’Ambiente, dall’Istruzione ai Beni culturali, dal Lavoro alle Politiche Agricole, solo per citarne alcuni.

La speranza è che il messaggio arrivi sempre più forte e chiaro.

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1 Response

  1. Tommy ha detto:

    Grazie al Covid-19 l’industria agroalimentare e della carne ha trovato il biglietto vincente. I profitti della pandemia restano ai vertici, ma una catastrofe scorre verso il basso e le conseguenze saranno terribili. Una nuova ondata di adattamenti strutturali è in corso e si concentrerà sull’aumento degli investimenti esteri nel settore agro-industriale e delle esportazioni di prodotti agricoli.

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