Pensioni: contributivo per tutti e coefficienti rivisti al rialzo!

I 35enni di oggi prenderanno domani, a fine attività lavorativa, una pensione pari a circa il 25% inferiore a quella dei loro genitori pur lavorando fino a 75 anni e versando fino all’ultimo centesimo di contributi. La stima arriva dall’Inps sulla base di uno studio condotto su un campione di circa 5.000 lavoratori nati nel 1980. Insomma, chi ha avuto la sventura di nascere dopo il 1980 lavorerà tutta la vita al fine di garantire la pensione di chi è cresciuto in un’epoca di ‘diritti acquisiti’, ma anche di privilegiati,
ladri, papponi ed evasori, ma non la sua che sarà – se, come e quando sarà – assai prossima ad una pensione sociale! Siamo al tracollo dello stato sociale, alla completa svalutazione del lavoro e all’azzeramento dei diritti dei lavoratori. Siamo un Paese fallito, finito, governato da un esecutivo che fa e disfa senza il consenso di un popolo di cui dovrebbe rappresentare gli interessi, tutelare i diritti e far osservare i doveri, ma che, invece, non  rappresenta affatto e anzi affossa, proprio perchè mai “eletto” da quello stesso popolo! E non c’è democrazia, né libertà, né uguaglianza, non c’è più Stato, quando chi governa non riesce a garantire una vecchiaia serena ai cittadini che hanno lavorato in “chiaro” per una vita intera. Lo Stato di diritto crolla quando i diritti acquisiti finiscono per calpestare i diritti delle future generazioni, diritti, peraltro, rivisti e corretti al ribasso senza concertazione tra le parti. Non è ammissibile un sistema previdenziale che trattiene i lavoratori fino a 70 anni e lascia i giovani a casa a diventare vecchi, senza la speranza di un posto di lavoro. Altro che ricambio generazionale! Occorre una “vera” riforma delle pensioni. Una legge che, innanzitutto, separi la previdenza dall’assistenza, trasferendo l’enorme peso delle pensioni sociali e d’invalidità sulla fiscalità generale, e che in secondo luogo ripartisca in egual misura il monte contributivo tra i pensionati di ieri, di oggi e di domani. La revisione dei trattamenti pensionistici fondati sul sistema retributivo secco, soprattutto se per la loro entità e sproporzione rispetto ai contributi versati, rappresenta una priorità inderogabile. Va bene andare in pensione con un assegno calcolato in base ai contributi versati, ma questa regola deve valere per tutti, e soprattutto l’assegno previdenziale deve essere calcolato con “coefficienti di trasformazione” applicati ai contributi versati in grado di garantire un mensile di entità pari all’ultimo stipendio percepito.

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