Matteo Renzi: Cavallo vincente? O cavallo pazzo?

di Giuseppe Cadeddu. Povero Matteo. Da traditore a tradito? Almeno non ancora, ma fossi in lui non dormirei sonni tranquilli. Sarà un eccesso di pessimismo co(s)mico, sarà la memoria lunga su certi martirii politici, ma da quando il politburo del PD lo ha adottato, dimenticando in un amen le sue velleità rottamatorie, sento puzza di abbruciaticcio (e di bruciature anzitempo). Passi per la Serracchiani, una gggiovane solo all’anagrafe che volteggia da Bersani a Renzi, ma quando arriva l’endorsement – per usare un termine à la page – dai Franceschini e Veltroni… e persino da D’Alema… beh, personalmente dormirei con un occhio aperto, come si usava dire nei vecchi western.
Cavallo vincente? Sembrano passati secoli da quando un accorato e sofferente Moretti diceva dal palco di piazza Navona che «con questo tipo di dirigenti» che non sanno parlare «alla testa, all’anima e al cuore delle persone» non si sarebbe vinto mai. Anni di tentativi con nuovi segretari incarnati da gente vecchia nella speranza di battere SiBì, il Maligno. Cosa riuscita due volte: sarà un caso ma a guidare la coalizione entrambe le volte fu un pacioso professore democattocristiano. Tutti gli altri sforzi di area più o meno prettamente PD sono stati vani, compresa l’ultima bersaniana: una vittoria tanto risicata che sapeva più salvezza dalla retrocessione che di scudetto. Intanto scalpitava Renzi, non ancora cavallo vincente in pectore, il quale era inviso ai piani alti per due ragioni 1) voleva rottamare la vecchia nomenklatura 2) sembrava un Berlusconi in salsa rossa (o rosa).
O cavallo pazzo? Ora, è tollerabile quando fa il cavallo pazzo che scalcia… ma che somigli al SiBì, vada alla casa di Arcore a trovarlo e nella casa televisiva (da Maria De Filippi) vestito da Fonzie – insomma – non si può. I più curiosi possono andare a rileggersi cosa dicevano i vertici del PD fino a non molte settimane fa. Poi la conversione: Renzi può essere l’ancòra in mezzo ai flutti e la carta da giocare, il jolly risolutore. Prima bocciato senza appello poi salvato agli esami di riparazione e accettato in classe dai compagni. Non so perché ma il tutto mi ricorda il Principe di Machiavelli per cui se l’avversario non puoi combatterlo (e rischiare una scissione o peggio) fattelo amico. E mi ricorda, ancor più, l’altro Principe (quello del rione Sanità di Napoli) quando diceva «Dagli amici mi guardi Dio che i nemici me li cerco io».
Che ne pensate?

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