Lipofilling: una taglia in più, ma non di più!

Per tanti anni c’è stato un veto della Società americana di chirurgia plastica contro il lipofilling al seno – tecnica che prevede il riciclo del proprio grasso corporeo per trasferirlo nelle mammelle – per il rischio di interferenza con la prevenzione dei tumori. Solo dal 2000 si è cominciato, prima in America e poi in Europa a trattare con questa tecnica esclusivamente le donne già operate di tumore, ma con non più di 100-200cc di grasso, limite entro il quale non si correrebbero rischi che invece, se si esagera, potrebbero esserci. Dopo lo scandalo delle protesi PIP e’ aumentata la ricerca di soluzioni alternative in campo estetico, favorendo il lipofilling anche tra le donne sane, e ci sono chirurghi che arrivano a “imbottire” le mammelle a dismisura con oltre 1 kilo di grasso per lato. “Molte donne sane – spiega Egidio Riggio, specialista in chirurgia plastica, ricostruttiva, estetica e microchirurgia presso l’Istituto Nazionale Tumori di Milano – potrebbero avere alcune cellule tumorali dormienti, ancora non invasive, che magari rimangono tali per anni o per sempre, oppure no. Il seno non è solo espressione di femminilità, maternità, è soprattutto una ghiandola che, purtroppo, ancora oggi provoca il maggior numero di tumori e la maggior mortalità. Ogni anno in Italia si ammalano 100 donne ogni 100.000, per questo ogni tecnica e metodica chirurgica riguardante il seno andrebbe prima studiata a lungo e poi applicata in modo rigoroso, scientifico e prudente. E’ importante mantener fede a un principio ideale di salute della donna in ogni operazione al seno eseguita – estetica o ricostruttiva che sia – selezionando la tecnica chirurgica meno invasiva e impiantando il materiale più sicuro, senza lasciarsi corrompere dalle mode passeggere e dai facili guadagni che possono girare rovinosamente nel mondo della medicina e della chirurgia estetica”. Con il lipofilling il risultato è naturale e non restano cicatrici, ma l’aumento senza rischi è di una taglia, non di più. Inoltre, continua Riggio, “Bisogna essere consapevoli che non si può prevedere, prima di due mesi dall’impianto la quota di grasso che sopravvive nella nuova sede. Può esserci bisogno di una ripetizione per arrivare a una misura definitiva e non e’ detto che il risultato finale sia simmetrico. I rischi potenziali sono di due tipi, quelli benigni, noti da tempo ai chirurghi e proporzionali alla quantità di grasso inserito e alla zona del seno da riempire che se sbagliata può produrre cisti, granulomi, macrocalcificazioni e deformazione. E poi ci sono rischi sconosciuti, ovvero non ancora studiati, che concernono però quei lipofillings dove si concentrano volutamente fattori di crescita e cellule staminali potenziate. Dunque, per quanto riguarda un aumento evidente del seno, le protesi al silicone restano la miglior soluzione se sono di ottima qualità, robuste, con gel molto coesivo, meglio se di forma anatomica”.

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