L’alternativa non può essere tra i due Matteo.

di Gerardo Lisco. In una recente intervista rilasciata a “la Repubblica” Matteo Renzi ha paventato che il pericolo, a seguito dell’affermazione della Lega nelle elezioni amministrative in Emilia Romagna e la crescita nei sondaggi, sia Matteo Salvini. Siamo in presenza della solita pratica politica che stigmatizza l’avversario come il male assoluto per giustificare politiche economiche altrimenti inaccettabili. Questo è lo schema che ha dominato la vita politica italiana dell’ultimo quarto di secolo. Recentemente, alle ultime elezioni Europee, il pericolo, il male assoluto era rappresentato da Grillo e dal M5S. La campagna elettorale fatta da Grillo e dal suo movimento ha avallato tale idea facendo si che di fronte al salto nel buio il 40,8% degli italiani desse il proprio consenso al Partito di Renzi.
La reale mancanza di alternative e la paura del vuoto politico hanno determinato la maggiore affluenza elettorale in Italia rispetto a quella degli altri Paesi dell’UE. Il dualismo Renzi/Grillo e quello che sembrerebbe profilarsi tra Renzi e Salvini non hanno nulla a che vedere con la contrapposizione tra l’Ulivo e il centrodestra guidato da Berlusconi. La differenza tra i due schieramenti politici atteneva diverse culture politiche. L’Ulivo era l’erede diretto dei valori espressi dalla Costituzione. Esso rappresentava “La Repubblica dei partiti”, per usare il titolo di un saggio di Scoppola, uscita dalla lotta di Liberazione. Il Centrodestra, che vedeva alleati: Alleanza Nazionale, Lega e Forza Italia, rappresentava una cultura politica alternativa al patto Costituzionale sancito dalla Resistenza. Questo ciclo politico è finito con l’ultimo Governo Berlusconi e la sconfitta di Bersani che, ancor prima che alle elezioni politiche, avviene con l’incarico di formare il Governo dato a Monti. In quel preciso momento Storico muore definitivamente lo Stato Repubblicano nato dalla Resistenza e si apre un nuovo ciclo caratterizzato dall’egemonia politica e culturale Liberale, tecnocratica e degli interessi transnazionali del capitalismo finanziario. Per rendersene conto è sufficiente vagliare le politiche economiche messe in campo dai Governi che si sono succeduti fino ad oggi rispetto ai principi fissati dalla Costituzione. Solo a titolo di esempio quanto è coerente il Jobs Act con l’art. 3 della Costituzione? 
Renzi e Salvini non sono alternativi, sono speculari, entrambi espressione degli stessi interessi.
Salvini, nelle intenzioni dei ceti dominanti, deve avere la stessa funzione che ha avuto Grillo nelle ultime elezioni politiche e cioè quella di guidare un movimento in grado di controllare la “piazza” e di evitare che essa degeneri in atti violenti e antisistema. 
Renzi è il capo carismatico sul quale i poteri forti hanno puntano per guidare la trasformazione del sistema politico, economico e sociale italiano in senso reazionario. Perché questo progetto possa realizzarsi c’è bisogno, di volta in volta, di mettere in campo movimenti politici, anche se minoritari, capaci di impedire la nascita di maggioranze alternative a quelle che hanno espresso i governi trasformisti di Monti, Letta/Saccomanni e Renzi/Padoan. In conclusione l’alternativa alla destra Liberale e Oligarchica di Renzi non è rappresentata dalla Lega in chiave Nazionalista e Populista guidata da Salvini. Per sbloccare il sistema politico italiano, offrendo una alternativa reale e concreta all’egemonia delle destre, serve una formazione politica capace di interpretare e organizzare le istanze che vengono da quei pezzi ampi di Società che si sono rifugiati nell’astensione, nel voto al M5S e in una parte dello stesso PD. Le occasioni per verificare la reale esistenza di una tale possibilità sono il travaglio interno al M5S e le prossime elezioni del Presidente della Repubblica.

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