La riforma del CSM.

All’unanimità il Consiglio dei ministri ha approvato la riforma del Csm e dell’ordinamento giudiziario.
Una riforma “ineludibile” e “dovuta” ai cittadini “che hanno diritto a recuperare la piena fiducia nei confronti della magistratura”, la cui credibilità è stata scossa dagli scandali, e agli stessi “tantissimi” giudici che “lavorano silenziosamente”. E che servirà a “arginare casi come quello di Palamara”, anche con una magistratura “più severa con se stessa”, come dice nella conferenza stampa a Palazzo Chigi la ministra della Giustizia Marta Cartabia.

La parte più innovativa della riforma e che alla fine tanti partiti si intestano (a cominciare dal M5S, che esulta per il ritorno al testo Bonafede) è il blocco delle porte girevoli.
Non sarà più possibile a un magistrato svolgere in contemporanea funzioni giurisdizionali e incarichi politici, elettivi e governativi, a livello nazionale e locale (obbligatoria l’aspettativa senza assegno). Nè candidarsi nella regione in cui ha esercitato nei tre anni precedenti.
Impossibile anche tornare a fare il giudice o il pm al rientro dal mandato elettorale o da un incarico di governo: in questi casi scatterà il collocamento fuori ruolo presso il ministro della Giustizia o altre amministrazioni.
Lo stop dalle funzioni giudiziarie sarà invece di 3 anni per chi si candida ma non viene eletto. E lo stesso trattamento toccherà a fine mandato a chi viene chiamato a ricoprire l’incarico di capo di gabinetto, segretario generale o capo dipartimento di un ministero, ma la regola si applicherà solo agli incarichi futuri.

Insomma un testo che mette mano profondamente al Csm. Per quanto riguarda la composizione stessa, il Consiglio superiore della magistratura torna al passato e riporta il numero di consiglieri a 30 contro i 24 attuali. Di questi venti saranno togati, a fronte dei 16 attuali, e dieci laici, rispetto agli attuali otto.

E saranno eletti con un sistema misto, basato su collegi binominali, ma che prevede anche una distribuzione proporzionale di 5 seggi a livello nazionale. Non ci saranno liste, ma candidature individuali. C’è invece il meccanismo del sorteggio per riequilibrare le candidature del genere meno rappresentato.

Non saranno più possibili le nomine a pacchetto dei capi degli uffici giudiziari, terreno su cui si consumano gli accordi spartitori tra le correnti della magistratura, perchè il Csm dovrà procedere, rispettando il rigoroso ordine cronologico delle scoperture. E gli avvocati avranno per la prima volta diritto di voto nei consigli giudiziari sulle valutazioni di professionalità dei magistrati ma solo se ricorrono precise condizioni.

Tra le novità della riforma del CSM spicca anche la riduzione del numero massimo di magistrati fuori ruolo, ossia quelli distaccati nei ministeri o nelle istituzioni. Si tratta di una vera e propria stretta visto che attualmente sono consentiti 200 fuori ruolo mentre in futuro, attraverso i decreti attuativi, il numero verrà ribassato.

Non solo. La durata massima del collocamento fuori ruolo è fissata in 10 anni, così come si richiedono 10 anni di effettivo esercizio delle funzioni giurisdizionali prima di poter chiedere di essere “prestati” a ministeri e istituzioni.

Altra novità è quella che prevede “la pubblicità degli atti” per l’assegnazione di incarichi direttivi da parte del Consiglio superiore della magistratura. La pubblicazione di tali informazioni dovrà avvenire sul sito intranet del Csm, nel rispetto dei dati sensibili.

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