La desertificazione politica.

di Yvan Rettore. Unito all’aumento esponenziale dell’assenteismo si sta assistendo ultimamente ad un altro fenomeno particolarmente marcato a partire dalle piazze e assemblee politiche che si svolgono anche nelle località più piccole e remote del nostro Paese.

Questi si sta traducendo in una desertificazione massiccia dei cittadini a tali eventi e si sta manifestando in modo sempre più prepotente quanto evidente.

Ne ho avuta personalmente una dimostrazione eclatante ieri sera nella piazza di Veglie, il comune presso cui risiedo in provincia di Lecce.
Il tema dell’incontro pubblico programmato in quella sede verteva sul prossimo insediamento di alcune pale eoliche nei campi (comunque lontane dalle zone abitate e non visibili dai centri urbani) di quella che viene denominata la Terra d’Arneo (o meglio la zona nordoccidentale della provincia di Lecce).
Presenti erano una decina fra sindaci del territorio, il presidente della provincia e quello del Gal.
Ebbene, la piazza antistante a questi relatori era in gran parte vuota. Ci saranno state al massimo una trentina di persone sedute e poche altre in piedi.
La maggior parte di esse erano membri delle diverse amministrazioni comunali mentre il resto dei presenti era formato da alcuni simpatizzanti e curiosi di passaggio.
Nient’altro!

Nella seconda metà del secolo scorso, ed in particolare nel trentennio dell’immediato dopoguerra, sarebbe bastata la sola presenza del sindaco del paese per riempire tutta la piazza fino all’orlo.
Oggi, manco una decina di sindaci e altre autorità riescono a farlo!

E’ un dato dimostrativo di quanto siano ormai distanti e poco considerate perfino le istituzioni locali dai cittadini, i quali si fanno avanti a riempire quegli spazi soltanto in occasione di eventi ricreativi e gastronomici e sempre più spesso anche quelle manifestazioni non fanno più il pienone come un tempo.

A prescindere dal tema dell’evento (le pale eoliche) affrontato in modo superficiale dai presenti (in assenza di autorevoli specialisti in grado di fornire informazioni oggettive e quindi in grado di fare tabula rasa di luoghi comuni ed inesattezze). il giorno (venerdì) e l’orario (dalle 18’30 alle 20’00) non hanno sicuramente agevolato la partecipazione di un pubblico più numeroso.

Tuttavia, sono del parere, che anche se questi limiti evidenti alla buona riuscita dell’evento fossero stati superati, non avrebbero di certo comportato un incremento significativo delle persone presenti in quella piazza.
Le cause di questa indifferenza crescente e evidente verso le istituzioni sono diverse.

La prima è l’affermazione capillare di un individualismo diffuso e ormai radicato in gran parte della popolazione, fenomeno che si è maggiormente affermato dopo gli anni bui del Covid e che ha in gran parte spazzato via quel senso di comunità e di condivisione che costituiscono il sale fondamentale a qualsiasi evoluzione sociale e culturale.

Ormai si può dire che in numerosissimi comuni italiani risulta assente o comunque presente in un modo del tutto trascurabile e in ogni caso ampiamente insufficiente per attuare con successo e in tempi relativamente rapidi processi di miglioramento della situazione esistente che per larga parte degli italiani si fa ogni giorno sempre più difficile ed insostenibile.

Questo aspetto praticamente intrinseco al modello di società in cui viviamo ha generato l’affermazione di una mediocrità diffusa e dominante ai vertici istituzionali dell’insieme del nostro Paese e l’immagine di una piazza quasi deserta come quella vista stasera ne è una dimostrazione palese perché, che lo si voglia o meno, la classe dirigente è lo specchio dei cittadini che la legittimano sia col loro voto che con il loro non voto.

Rimane ancora viva una minoranza silenziosa che non si riconosce in questa involuzione e che tenta di avviare processi di coinvolgimento sociale e culturale tesi a ricostituire (o almeno a mantenere in essere) un nocciolo duro che non intende piegarsi a questa deriva e che possa rivelarsi disponibile a costruire qualcosa di alternativo allo scempio a cui finora si è passivamente adeguata la maggioranza dei cittadini italiani ma anche buona parte degli immigrati residenti.

E’ quindi ovvio che questa componente (tutt’altro che trascurabile) venga relegata e ostacolata da una morale dominante in cui la maggior parte dei dirigenti istituzionalmente eletti e non hanno tendenza ad affermarsi più attraverso le apparenze e la copertura effimera di incarichi che per le reali capacità e competenze che sono in grado effettivamente di dimostrare.

Non partecipare a simili eventi dominati da fiumi di parole, tesi in gran parte a dare spazio e visibilità più alle apparenze che ai contenuti e quindi largamente inconcludenti perché relegati essenzialmente alle iniziative dei vertici istituzionali locali e delle strutture che li sostengono, costituisce una scelta inevitabile per questa minoranza di persone che hanno invece una visione di società e un approccio con le cose e la realtà del tutto in antitesi con questi modi di fare e di pensare.
In conclusione la desertificazione della piazza di ieri sera rappresenta il chiaro segnale che qualcosa sta comunque mutando molto velocemente nella nostra società, perché quando la classe dirigente si trova a vivere soprattutto di autoreferenzialità e non può più contare su una partecipazione e un coinvolgimento di massa della gente comune, significa che ha ormai perso ogni sua credibilità ed autorevolezza e che non ha quindi futuro.
 

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2 Responses

  1. PARACELSUS99 ha detto:

    Capisco che parlare di mossa della disperazione a proposito di Giorgia Meloni esponga a facili, scattanti e non imprevedibili repliche, sulla magnificenza dei suoi sondaggi, sullo stato moribondo delle opposizioni e sulla conseguente mancanza di alternative. L’originalità non è mai stata la forza del nostro dibattito pubblico.
    Resta il fatto che l’improvviso rilancio sulle riforme costituzionali, nel bel mezzo di una guerra mondiale (o quasi) e soprattutto di una guerra civile dentro la maggioranza (sulla legge di bilancio), non appare decisamente la più lucida delle scelte compiute dalla nostra presidente del Consiglio. Se proprio le serviva un diversivo, sarebbe stato saggio scegliere qualcos’altro. È anche vero che i cavalli di battaglia generalmente utilizzati in simili occasioni erano al momento poco spendibili.

  2. roberto b ha detto:

    Galliani ha vinto con il 52% le elezioni nel collegio di Monza. Se non sbaglio il collegio di Monza ha circa 700,000 aventi diritto, sono andati a votare il 19,2% che in numeri sono circa 14,000 il 52% di 14,000 sono circa 7,000. Dove sta la democrazia?
    un saluto roberto b

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