di Andrea Migliavacca. La BCE – assecondando la spinta ecologista di decarbonizzare l’eurozona – si è impegnata ad attribuire, ai singoli Paesi che la compongono, un punteggio sulle emissioni inquinanti, premiando chi si prefigge l’utopistico obiettivo della “neutralità climatica” e penalizzando, gli altri. A livello nazionale, invece, giustamente c’è chi si preoccupa di come affrontare l’approvvigionamento delle fonti fossili, visto che la guerra, o meglio la speculazione che l’ha preceduta e/o che l’accompagna, ha drammaticamente ridotto.
Ecologia contro economia: un dilemma amletico, che, intanto, paralizza la produzione.
In questo drammatico contesto, nel quale l’incontrollato accrescimento del costo dell’energia, mina interi comparti (industriale, manufatturiero e terziario, con indiscutibili riflessi sul consumatore finale), spiccano alcune “geniali” iniziative, che il D.lgs n. 155/2010, in “Attuazione della direttiva 2008/50/CE relativa alla qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europa”, sta mettendo in pratica.
La Regione Lombardia nella seduta del 31/07/2019, ha deliberato di adottare quelle misure “per il miglioramento della qualità dell’aria”, disponendo progressive limitazioni alla circolazione dei veicoli più inquinanti.
A partire dal 1 Ottobre prossimo, sarà impedita, la circolazione dei mezzi ritenuti più inquinanti.
Dopo il primo stop ai veicoli a benzina Euro 1 e diesel Euro 3 (misura adottata nell’Ottobre 2019), sarà inibita (o fortemente ridotta) la circolazione dei veicoli classificati Euro 2 a benzina ed Euro 4 e 5 diesel. Rientrano in questa categoria i veicoli immatricolati fino al 2014.
A Milano, come in tutti i Comuni di fascia I, verrà reiterata l’attuazione del progetto (iniziato nel 2019) denominato “Area B”.
Milano, oramai è noto, privilegia il trasporto pubblico ed incoraggia quello privato solo se ecologico: biciclette, monopattini e veicoli elettrici. Una misura lodevole, se si considera l’impegno green, discriminatoria, se paragonata ad altre città italiane (che a parità di emissioni inquinanti, non impongono limitazioni) e/o tra i cittadini, più o meno abbienti.
La misura, poi, impone una scelta, che molti – nel descritto contesto – non sono nella condizione di affrontare. Il limite di 50 ingressi nell’Area B – che rappresenta praticamente l’intera superficie metropolitana, ad eccezione dell’Area C (quella centrale), come quello dei 2000 km da percorrere in un anno, previa installazione di un dispositivo di controllo – costituisce una vera e propria restrizione della libertà.
Chi possiede uno di questi veicoli, nella più parte dei casi, non dispone di un posto auto privato, dove ricoverarla, quindi è costretto a lasciarlo sulla pubblica via. È obbligato, poi, a pagare l’assicurazione RCA e per intiero la tassa di circolazione (pretesa dalla Regione). Un controsenso, insomma: si paga una tassa di circolazione, quando questa è vietata.
Il Comune applica una legge della Regione ed oggi si assiste ad un imbarazzante rimpallo di responsabilità tra gli amministratori. Nessun incentivo è stato ipotizzato, per consentire agli sfortunati possessori di queste auto (numerosissime, tra le quali molti taxi o veicoli commerciali), di poter continuare a circolare rispettando l’ambiente, nessuna riduzione del bollo ed al contempo un loro automatico deprezzamento.
Dal 1 Ottobre, dunque, nel pieno di una crisi economica senza precedenti, si dovrà pagare anche senza poter adoperare il veicolo. Inutile immaginare un ripensamento da parte della Regione Lombardia o delle Giunte Comunali; più plausibile, forse, un rimedio giurisdizionale, nel quale far valere violazioni financo di rango costituzionale.
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