Il Mezzogiorno d’Italia cresce meno della Grecia.

di Gerardo Lisco. La questione meridionale italiana va inserita nella questione più generale rappresentata dalla Questione dell’Europa Mediterranea. Se analizziamo Pil, crescita, occupazione, distribuzione del reddito e della ricchezza dal Portogallo alla Grecia è possibile affermare che tutta quest’area presenta dati abbastanza omogenei. Il rapporto Svimez ha fatto scalpore quando ha evidenziato come il Mezzogiorno d’Italia cresca meno della Grecia.
Basta questo solo dato comparandolo con quello, appunto degli altri “Mezzogiorno” che si affacciano sul Mediterraneo, per capire che la grande contraddizione di questa Europa si colloca in quest’area geografica. L’Europa, questa Europa, si sta costruendo compattando la sua parte continentale, stringendosi attorno al Reno. Rafforzano questa tendenza anche i recenti dati che registrano la crescita del Pil nei paesi dell’area mediterranea, nonostante qualcuno ritenga che ciò potrebbe ribaltare il rapporto di questi paesi con la Germania, che dopo l’affaire Wolksvagen appare più debole. Ciò che conta è l’egemonia politica e culturale che continua ad essere appannaggio del pensiero liberista e dei ceti sociali dominanti. Per capirlo è sufficiente osservare quanto sta accadendo in Portogallo in questi giorni, le sinistre si coalizzano per dare origine a un governo alternativo alla destra e il Presidente portoghese affida l’incarico di formare il governo alla destra. Riflettete questo è quanto è successo in Italia a partire dall’incarico a Monti fino a quello attuale a Renzi. Le classi dirigenti e i ceti sociali egemoni, indipendentemente dalla loro nazionalità, hanno come unico fine quello di continuare a mantenere la propria posizione, per farlo guidano il processo di aggregazione territoriale, di interessi e di pezzi di società secondo una logica che porta alla rafforzamento della Mitteleuropa. In Italia tale processo è stato guidato prima dalla Lega per poi spostarsi via via ad altre rappresentanze politiche e di interessi. Il sociologo Luca Ricolfi qualche anno fa teorizzò che più che di “Questione meridionale” bisognasse parlare di “Questione settentrionale”. Rispetto a un nord che arrancava sotto i colpi delle trasformazioni strutturali in atto bisognava fare delle scelte. Per evitare che quella parte dell’Italia decidesse di secedere bisognava dare risposte precise e nette alla Valle Padana. In sostanza le politiche economiche dovevano mirare in primo luogo a rafforzare il sistema produttivo settentrionale aiutandolo ad uscire dalla crisi. A partire dagli anni ‘90 del secolo in Italia, con rare eccezioni, i governi che si sono succeduti hanno mirato esattamente a questo. Come si fa a dimenticare talune proposte di Cacciari per non parlare di Chiamparino, allora Sindaco di Torino, rispetto alla necessità di immaginare una sorta di partito democratico del nord federato al partito nazionale. Questo processo politico è tuttora in corso sotto altre forme. Il Governo Renzi è fondamentalmente un Governo che difende gli interessi del sistema produttivo settentrionale. Per capire questo processo in corso bisogna riflettere in modo serio su ciò che è successo nel PD soprattutto con la scissione all’interno della minoranza di sinistra del PD. Al momento di dover scegliere Cesare Damiano, piemontese uomo di punta in parlamento di Chiamparino e di Fassino, guida la fronda all’interno di Area Riformista e sostiene tout court Renzi. Nessuna conversione sulla via di Damasco. Questa è una delle tante prove di come siamo in presenza di un riposizionamento politico che tiene presente le istanze che in primo luogo vengono dai territori del Nord. Prendiamo l’esempio del Jobs Act e degli sgravi contributivi ai fini delle assunzioni. Quali aree geo economiche ne hanno tratto vantaggio? La risposta è scontata, le aree dove ci sono impianti industriali, quindi il nord. Se poi consideriamo che il finanziamento degli sgravi contribuitivi è avvenuto spostando risorse destinate al Mezzogiorno il quadro è ancora più chiaro. Nella Legge di stabilità in corso di approvazione una delle ipotesi era quella di favorire l’occupazione differenziando il livello degli sgravi contribuitivi tra nord e sud. Nella Legge di Stabilità non vi è nulla di tutto questo. Siamo in presenza dicevo di nuove forme di alleanze trasversali dove le istanze che vengono dai territori fanno da collante. Considerato il contesto la Questione Meridionale è Questione Democratica e va inserita nel discorso più ampio della Questione Mediterranea. Per sbloccare il sistema c’è bisogno che nasca una leadership forte con connotati Meridionalisti molto meglio se nascesse all’interno del PD.

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