Il dado sta per essere tratto: dal PD al P.d.R. – il Partito di Renzi.

di Gerardo Lisco. Nel giro di pochi giorni si sono consumati una serie di eventi dai quali è possibile dedurre i possibili scenari politici. La Sentenza della Corte Costituzionale, salvando il premio di maggioranza e i capilista nominati dal capo partito, ha sbloccato la situazione uscita fuori dal referendum costituzionale. Movimenti e partiti politici hanno immediatamente reagito sia sotto la spinta della sentenza della Corte che di fatti internazionali come l’elezione di Trump a Presidente degli USA.
Il primo degli eventi è stata l’Assemblea dei Comitati per il NO al referendum Costituzionale che riunita a Roma ha deliberato di trasformarsi in Comitato per l’attuazione della Costituzione con l’obiettivo di condizionare le scelte politiche attraverso un lavoro di informazione e formazione dell’opinione pubblica. Il secondo è l’assemblea dei Comitati per il NO organizzata da D’Alema con il quale ha creato le condizioni politiche per la scissione dal PD di Renzi. Il terzo è la manifestazione promossa da Salvini e dalla Meloni che, sull’onda della crescita del Fronte Nationale, di “ Alternativa per la Germania” e la vittoria di Trump, sperano di occupare lo spazio politico a destra di Forza Italia con il progetto “Italia Sovrana”. Ultimo evento, non in senso cronologico, è l’assemblea degli amministratori PD promosso da Renzi nel quale ha ufficializzato la linea politica del suo partito. L’obiettivo è chiaro, votare subito ma anche no, il 40% del consenso per avere il premio di maggioranza rappresentato dal 55% dei seggi alla Camera. Se analizziamo i dati elettorali a partire dalle ultime politiche, passando per le elezioni Europee, le Regionali fino al referendum costituzionale l’obiettivo di Renzi non è peregrino. Come risulta dal dato referendario, il PD di Renzi, può contare su una base elettorale, ossia liberal-liberista, che va dagli 8 ai 9 milioni di voti che tradotta in termini percentuali significa dal 27 al 30% dei consensi. Come si evince dal dato referendario all’elettorato consolidato del PD renziano si sono aggiunti altri 4 milioni di voti. Elettorato quest’ultimo che a diverso titolo ha maturato una coscienza politica liberal-liberista, tecnocratica, legata all’idea di un esecutivo forte, ecc. Questo elettorato Renzi spera di ritrovarlo in toto alle elezioni politiche. Perché ciò accada deve solo ufficializzare che il PD è diventato il P d.R., secondo la felice definizione di Diamanti,
e decidere come presentarsi alle elezioni politiche rispetto a un sistema elettorale che, anche se non sarà quello uscito dalla Consulta, conterrà, comunque, un premio di maggioranza tale da garantire governabilità. Considerata l’affinità di vendute e di interessi che hanno Renzi e Berlusconi non escludo un’alleanza, già in sede elettorale, tra i due che contenga anche Alfano. Il tipo di alleanza sarà sicuramente condizionata dal sistema elettorale. Plausibile è pensare che Renzi presenti una unica Lista con Alfano che contenga capilista graditi anche Berlusconi e che quest’ultimo presenterà una Lista di Forza Italia, che non sottragga elettori a Renzi, finalizzata a limitare perdite di consenso a favore di “Italia Sovrana”. La base elettorale dalla quale parte un’intesa/alleanza tra Renzi, Berlusconi e Alfano si aggira, sommando i dati dei sondaggi, intorno al 46%. L’obiettivo è per Renzi superare il 40% e per Berlusconi evitare di arrecare danni a Renzi mantenendo Forza Italia al di sopra della soglia di sbarramento del 3%. Devo ammettere, con rammarico, che, dato il contesto, un tale scenario ha buone possibilità di riuscita. Se leggiamo attentamente il dato elettorale del referendum costituzionale si evince che quel consenso non rappresenta la base per un Partito della Costituzione. Dei 19 milioni e passa di elettori che hanno votato NO solo una parte minoritaria è realmente legata alla cultura politica rappresentata dalla Costituzione, il resto è elettorato che ha votato no per ragioni politiche altre rispetto a quella cultura politica o semplicemente ha votato NO per dire NO a Renzi. Per quanto riguarda la Sinistra in senso largo, i 3 – 5 milioni di potenziali elettori si divideranno tra Sinistra Italiana e il partito di D’Alema. Avremmo in sostanza due formazioni politiche che si attesteranno poca sopra la soglia di sbarramento. Il problema della Sinistra non è l’elettorato che manca è la scarsa qualità dei gruppi dirigenti. Il quadro politico è tale che spinge il confronto politico verso la radicalizzazione del confronto per cui l’unica cosa da fare per chi abbia voglia di opporsi all’egemonia liberal-liberista e tecnocratica sarebbe quella di votare M5S. Potrebbe essere propria la paura di una vittoria del M5S a spingere una parte del ceto politico e gli interessi organizzati a ribaltare il tavolo per costruire altri scenari. Ribaltare il tavolo vuol dire far fuori politicamente e in via definitiva Renzi. In conclusione per evitare che l’Italia cada dalla padella rappresentata dal populismo renziano nella brace del populismo grillino c’è bisogno di una nuova “Terza via” capace di recuperare i valori della Sinistra e di tutta quell’area vasta di società Democratica che non condivide nessuna delle due opzioni estremiste.

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