I retroscena delle elezioni negli Stati Uniti.

di Attilio Runello. Soltanto pochi giorni fa il procuratore generale repubblicano del Texas, Ken Paxton, aveva presentato direttamente alla Corte Suprema degli Stati Uniti un’azione legale contro Georgia, Michigan, Pennsylvania e Wisconsin, accusando i quattro stati chiave di “irregolarità elettorali” durante le ultime elezioni presidenziali.

Al ricorso avevano poi manifestato il loro appoggio un centinaio di repubblicani del Congresso – che pure per la maggior parte in quelle presunte elezioni da loro definite “truccate” sono stati eletti o rieletti – e 17 procuratori generali statali fedeli al presidente uscente.

Un unsigned order (cioè un parere non firmato, attribuibile al collegio nella sua interezza) ha stabilito che il Texas manca delle basi legali per impostare un ricorso, e “non ha dimostrato un interesse legalmente perseguibile nella maniera in cui un altro stato gestisce le sue consultazioni elettorali”.

E con questo insuccesso si va verso la fine della battaglia legale condotta dal partito repubblicano per ribaltare il risultato delle elezioni. Il fatto che ben un centinaio di repubblicani del Congresso abbia appoggiato l’operazione la fa attribuire al partito e non al singolo, cioè a Trump.

I ricorsi sono stati molti e concentrati su otto stati, quelli dove la vittoria dei dem è stata per un numero relativamente esiguo di voti; in Georgia per dodicimila. Un ribaltamento dei risultati anche solo nella metà degli otto stati avrebbe portato la vittoria a Trump.

In altre parole anche se la differenza complessiva è stata di sette milioni di voti la sconfitta reale è da attribuire a poche centinaia di migliaia di voti, a volte in Stati tradizionalmente repubblicani.

Per altro Trump ha vinto in un numero di stati maggiore dei democratici, ma stati con un numero più basso di grandi elettori.

A questo bisogna aggiungere la controversia sul voto per posta. In Italia per esempio il voto per posta non è consentito dalla nostra Costituzione. Infatti solo nel segreto dell’urna il voto è segreto. Alcuni stati americani per la pandemia hanno ampliato la possibilità di votare per posta, rendendo il voto meno segreto. Una grave anomalia.

È stato detto che Trump ha interrotto una tradizione di transizione pacifica del potere. I ricorsi non tolgono nulla alla pacifica transizione del potere, che per quanto è dato ipotizzare sarà incruenta, anche se forse senza strette di mano e magari senza la visita di cortesia del presidente eletto a quello uscente alla Casabianca, come nella tradizione.

Negli Stati Uniti esiste un’altra anomalia. Il conteggio informatico delle schede è affidato ad una azienda privata canadese. In Italia lo fanno i tribunali. Trump ha accusato di brogli questa azienda, che naturalmente ha negato nel proprio sito ogni irregolarità. Ma ci sarà una battaglia legale della quale è difficile stabilire i tempi.

Il sito votesaveamerica promosso dai repubblicani ha raccolto circa centosettanta milioni di dollari. Tutto lascia pensare che non si aspetterà quattro anni per promuovere una campagna elettorale e forse si porrà fine a un’altra anomalia americana: una stampa al novanta per cento a favore dei democratici.

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4 Responses

  1. Matteo Renzi ha detto:

    La democrazia americana è più forte delle polemiche. I grandi elettori hanno formalmente decretato la vittoria di JoeBiden
    America is back. Il 46’ inquilino della Casa Bianca stupirà (anche) per la sua umanità e per la sua empatia.
    Buon lavoro Mister President

  2. Giacomo-TO ha detto:

    Gli USA per moltissimi versi sono meglio dell’Italia: negli USA se un presidente mente viene cacciato, da noi NOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO

  3. Dany'70 ha detto:

    La grande Mela, l’America è il faro che illumina l’umanità intera.

  4. roberto b ha detto:

    Se fosse vero quello che dici allora l’america non è la più grande democrazia del mondo.
    un saluto roberto b

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