I donatori di sangue in pensione più tardi grazie alla Fornero.

Il sangue langue! Così recita uno degli spot più conosciuti lanciati dalle associazioni dei donatori e dai centri trasfusionali. Senza le migliaia di volontari che ogni giorno offrono gratuitamente la loro disponibilità donando a chi ne ha bisogno un bene così prezioso quale il sangue, che ancora non può essere prodotto in laboratorio, tante prestazioni chirurgiche non potrebbero essere garantite, tante vite non potrebbero essere salvate e tante emergenze finirebbero in inevitabili tragedie.
E allora lo Stato cosa fa? Invece di premiare e di incentivare le donazioni, penalizza i donatori. E’ infatti di queste ultime ore la notizia pubblicata dal Sole24ore secondo la quale tutti i pensionati che hanno donato il sangue devono recuperare i giorni di regolare permesso dal lavoro, presi per aiutare il prossimo, oppure rinunciare al 2% della pensione. Questo quanto previsto dalla riforma Fornero che stavolta torna a far parlare di sé, non per l’altrettanto disastrosa vicenda degli esodati, ma per un’altra nefandezza arrecata proprio ai danni dei lavoratori-donatori di sangue e delle migliaia di pazienti ricoverati che attendono di essere trasfusi. L’allarme è stato lanciato dalla sede dell’Avis di Cremona. Il comune lombardo registra in Italia il maggior numero di donatori con i suoi 6.000 iscritti che diventano 17.000 considerando tutta la provincia. Secondo l’Associazione, i donatori in procinto di andare in pensione, sarebbero costretti proprio dalla riforma Fornero a rimandare l’uscita dal lavoro per recuperare i giorni in cui, con regolare permesso, hanno goduto della giornata di astensione dalla prestazione lavorativa per effettuare il prelievo. Dopo un rapido calcolo, per chi dona il sangue da quando ha 18 anni e lo fa a pieno regime (quattro volte l’anno), è emerso che in quarant’anni di vita lavorativa il donatore dovrà recuperare 160 giornate di astensione dal lavoro, che si traducono il 7-9 mesi in più di servizio. L’alternativa è quella di smettere comunque di lavorare alla data prevista, ma con una decurtazione del 2% sull’assegno previdenziale. La notizia si commenta da sè: certe cose accadono solo in Italia! Se il governo non interviene con urgenza a sanare l’incresciosa situazione che, invece di premiare, penalizza quei lavoratori che compiono in modo totalmente gratuito e altruista un gesto generoso che salva delle vite, il rischio è di assistere ad una progressiva diminuzione dei donatori con effetti letali su malati e ospedali, a discapito di tutti coloro la cui vita è appesa a quella sacca di sangue che da domani non potrebbe essere più disponibile grazie all’assurdità di certe leggi!
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LA NOTA UFFICIALE DI AVIS NAZIONALE. AVIS segue con costante attenzione la sorte delle migliaia di donatori di sangue che, in seguito alla riforma Fornero, si troverebbero oggi costretti o ad allungare la propria permanenza sul posto di lavoro per un numero di giorni pari alle donazioni di sangue ed emocomponenti effettuate o ad una decurtazione del 2% dell’assegno previdenziale nel caso in cui non volessero (o non potessero) recuperare le giornate perse. Sono ormai decine le segnalazioni che arrivano quotidianamente alla sede nazionale AVIS dalle sedi territoriali, interpellate dai patronati o dagli stessi donatori di sangue prossimi alla pensione in merito all’effettivo riconoscimento delle suddette giornate. «Stiamo già lavorando da tempo con le istituzioni competenti e con le altre associazioni del dono per inquadrare e risolvere il problema, che si presenta delicato. Fermento e preoccupazione sono comprensibili, ma dobbiamo affrontare il tema nel giusto modo, con concretezza e determinazione – commenta il presidente di Avis Nazionale, Vincenzo Saturni – per questo continueremo i nostri sforzi per giungere entro breve tempo ad una soluzione chiara e definitiva, in modo da dare certezze ai donatori che sono, prima di tutto, cittadini». La norma prevede, infatti, che sulle anzianità contributive maturate prima del 2012 sia applicata una riduzione pari all’1% per ogni anno di anticipo nell’accesso al pensionamento rispetto all’età di 62 anni. Il taglio sale al 2% per ogni ulteriore anno di anticipo rispetto ai 60 anni. Diversi istituti contrattuali, seppur coperti da contribuzione effettiva e utili ai fini pensionistici – come ad esempio congedo matrimoniale, permessi per Legge 104/1992, donazione sangue, permessi retribuiti per motivi familiari e lutto, diritto allo studio, sciopero e congedi parentali (ex maternità facoltativa) – sembrerebbero non utili al fine di determinare l’anzianità da prendere in considerazione per non far scattare le penalizzazioni previste. La donazione di sangue, normata in Italia dalla legge 219/05, prevede secondo l’articolo 8 comma 1 della stessa legge il riconoscimento della retribuzione e dei contributi per la giornata in cui si è compiuta la donazione. «Penalizzando i donatori dal punto di vista pensionistico – conclude il presidente di Avis – non si riconosce il valore morale e solidale della donazione di sangue per il servizio sanitario nazionale, scoraggiando per l’immediato futuro la chiamata dei donatori (attuali e potenziali) e mettendo seriamente a rischio l’obiettivo dell’autosufficienza nazionale di sangue ed emocomponenti. E questo, semplicemente, non è accettabile».

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