Brunetta e Schifani al Quirinale: missione impossibile?

In un momento come quello attuale in cui si sta dicendo di tutto e di più, ma in realtà si sta facendo ben poco per sanare la piaga dell’evasione fiscale, del nero, del sommerso e della fuga dei capitali nei paradisi fiscali, un colpo di spugna sulle vicende giudiziarie del Cavaliere, condannato per frode fiscale, sarebbe come un salvacondotto nazionale per chi evade, elude e froda il fisco. Se è vero che l’esempio viene dall’alto, un marcia indietro, un ripensamento o un qualsiasi altro tipo di accomodamento sulla sentenza di condanna del Cavaliere, solleverebbe, a questo punto, anche il più onesto dei contribuenti italiani dall’emettere regolari scontrini e fatture. Comunque, si sa, la legge non sempre è uguale per tutti, soprattutto per chi ha le tasche piene e le leggi è chiamato più a farle che ad applicarle e rispettarle. Ecco, allora, che la politica muove tutte le sue potenti leve quando è chiamata a salvarsi. E non si ferma neppure davanti all’evidenza di una condanna confermata da tre gradi di giudizio. I capigruppo del Pdl sono saliti al Quirinale per presentare il conto sulla tenuta delle larghe intese al Presidente della Repubblica. Gli ambasciatori del Cavaliere hanno calato sul tavolo presidenziale le condizioni e le richieste del Pdl per continuare ad appoggiare il governo Letta dopo la “cacciata” per via giudiziaria del leader azzurro. Un incontro carico di attese e da cui dipenderà anche la strategia di Berlusconi e l’atteggiamento da tenere verso il governo. A Palazzo Grazioli si ragiona, infatti, sulla possibilità di trovare una soluzione che permetta al Cavaliere di avere il più possibile margini di manovra quando scatterà l’esecuzione della pena. Fonti del Quirinale hanno fatto sapere che il Presidente Napolitano sta valutando “con attenzione tutti gli aspetti delle questioni che gli sono state prospettate“, per non privare il Cavaliere dei suoi diritti politici e trovargli un salvacondotto. Escluse la grazia e l’indulto, sentieri non praticabili, sul tavolo restano la riforma della giustizia, posta come condizione basilare dal Pdl per non togliere l’appoggio alle larghe intese. La riforma, da attuare potrebbe comprendere l’ipotesi della commutazione della pena, magari in una sanzione pecuniaria, nel fattispecie del caso applicabile a Berlusconi. Come altro eventuale, ma parziale, salvacondotto, si discute della possibilità di ritoccare la legge Severino-Monti sui condannati in via definitiva a pene superiori ai due anni. Insomma un salvacondotto ad personam, un lodo-Sallusti.Berlusconi, intanto, resta in attesa nel suo quartier generale a Palazzo Grazioli. Chi lo ha visto dice che è “sereno e determinato”, rinfrancato dalla manifestazione di solidarietà di domenica in via del Plebiscito. Ha incontrato i legali per iniziare a discutere l’eventualità di richiedere misure di pena alternative al carcere. Il Cavaliere dovrà, infatti, scegliere tra l’affidamento in prova ai servizi sociali e gli arresti domiciliari. Ha ricevuto Brunetta e Schifani per essere informato dell’esito del vertice al Quirinale, quindi ha partecipato al vertice del Pdl, sempre a Palazzo Grazioli. Al termine della riunione, Daniela Santanchè ha annunciato la linea dura: “Berlusconi non chiederà né gli arresti domiciliari né la messa in prova né l’affidamento ai servizi sociali, ma andrà in carcere – ha assicurato la Santanchè – gli italiani devono sapere che si mette in carcere un uomo come Berlusconi”. Gli italiani, purtroppo, sanno tutto fin troppo bene. Sanno che se un comune mortale ruba una mela finisce dritto dietro le sbarre, ma che uno come Berlusconi in galera non ci andrà nè oggi, nè mai!

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