Giorgia Meloni e i Parenti d’Italia.

di Mario Barbato. Giorgia Meloni deve avere una strana concezione del termine “merito”. Ospite di Nicola Porro, su Mediaset, l’ex record-woman di assenteismo in Parlamento e al Comune di Roma, con rispettivamente il settanta e il novanta percento di assenze, ha pronunciato la solita frase trita e ritrita che suona più o meno così: “Il mio è il governo del merito. Basta con l’amichettismo”.
Giorgia Meloni parla di un esecutivo che mette in posizioni chiave solo persone che hanno meriti. Si, ma di quali meriti parla? Tanto per cominciare ha messo alla guida di Fratelli d’Italia la sorella Arianna che fino a qualche giorno fa lavorava come precaria alla Regione Lazio e che non si è mai distinta per chissà quali meriti politici. Ma questo non dovrebbe meravigliare per una capa del governo che parla di “Dio, patria e famiglia”, riferendosi forse alla sua famiglia.
Ariana Meloni è una cometa sconosciuta più della premier stessa, che quando era ministro della Gioventù del governo Berlusconi, dal 2008 al 2011, non portò a termine nemmeno un progetto degno di nota per i giovani, ma, in compenso, portò a casa settemila euro al mese di stipendio pubblico. L’unico merito di Arianna Meloni è quello di sparare cavolate, come quando ha detto: “Da quando c’è mia sorella l’Italia è rispettata in Europa, non come prima”.
Una perla di rara ironia, visto che Giuseppe Conte era riverito da Bruxelles, mediando con le sue doti diplomatiche i fondi del Pnrr e che Mario Draghi si dava del tu con i premier di Francia e Germania. Mentre la stessa Giorgia, parlando con due comici russi, disse che quando telefona ai capi di governo, questi nemmeno si degnano di risponderle. Una retrocessione politica testimoniata dalla tendenza di Francia e Germania a non invitarla nemmeno più ai loro summit.
Meloni nel mondo non è stimata da nessuno. Bruxelles la tratta con diffidenza; la Francia la definisce una incapace; gli Usa la considerano una cortigiana da usare all’occorrenza; l’Ucraina quasi l’accolse con fastidio. La Meloni è riuscita nella rara impresa di mettere d’accordo tutti nel diffidare di un Paese che si è consegnato nelle mani di un fenomeno da baraccone. Ma tranquilli: vedrete che si sarà sempre un giornale e un talk show che la dipingerà come una eroina che all’estero sta trionfando.
E che dire di Francesco Lollobrigida, marito di Arianna Meloni e cognato della premier? Il moderno Marchese del Grillo che ferma i treni perché “io sono io e voi non siete un caxxo”, come direbbe Sordi, da una parte demonizza  il reddito di cittadinanza perché mancano i lavoratori da sfruttare nei campi a tre euro l’ora, dall’altra moltiplica gli stipendi ai suoi collaboratori, aumenta le tasse agli agricoltori e dice che i “poveri mangiano meglio dei ricchi”.
Insomma, ci vuole una bella faccia di bronzo per parlare di merito e poi mettere nella stanza dei bottoni sorelle e cognati che fino a ieri si occupavano di tutt’altra cosa. Basta con i nepotismi. Per il governo Meloni è tempo di parentelismo. È il tempo in cui il governo debba diventare un’azienda a gestione familiare dove chiunque sia parente, anche di terzo grado della premier, merita di entrare a fare parte del governo, perché è tempo del merito, è tempo della famiglia.

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