Fabio Fazio: Stipendio da 1.800.000 euro all’anno!

Verremo a cantare a Sanremo“. Così Beppe Grillo in un post pubblicato sul suo blog intitolato “Che Fazio fa” in cui si attacca la Rai per il compenso del conduttore televisivo, rilanciando lo scontro in diretta sullo stesso argomento tra Fazio e Brunetta di appena qualche giorno fa. “Il programma “Che tempo fa” di Fazio, lo stuoino del pdmenoelle, è prodotto da Endemol di proprietà al 33% di Mediaset (*). La RAI compra il suo programma da Berlusconi invece di produrlo internamente. Non ci vorrebbe molto a farlo da parte dell’emittente pubblica, la RAI ha 10.476 dipendenti. Quando Fazio afferma “Io faccio guadagnare la mia azienda”, a chi si riferisce? A Endemol? Fazio dice che lui si guadagna i suoi soldi: “Questo programma è interamente pagato interamente dalla pubblicità“. Il suo contratto è stato rinnovato per tre anni per un importo di 5.400.000 euro, pari a 1.800.000 all’anno. Fazio di che parla? Quali guadagni si attribuisce? La RAI è tecnicamente fallita, nel 2012 ha perso 245,7 milioni di euro e le previsioni per il 2013 sono di una perdita superiore a 400 milioni. Gubitosi e la Tarantola dove trovano i soldi da dare a Fazio? Come giustificano un contratto che è un insulto alla condizione del Paese e ai lavoratori della RAI? Con che faccia? I ricavi della RAI sono di 1.748 milioni, dalla pubblicità entrano 675 mil. Nel 2012 gli incassi pubblicitari sono diminuiti di 209 mil e quest’anno forse ne perderà il doppio. In questa situazione cosa farebbe un qualunque amministratore, con un organico pletorico e conti in rosso? Si affiderebbe alle professionalità interne e diminuirebbe i costi dei programmi acquistati all’esterno. Invece la coppia Tarantola&Gubitosi fa esattamente il contrario. La RAI ha incassato lo scorso anno 2.683 milioni e ne ha speso il 60% “per consumi di beni e servizi esterni”, un’allucinante cifra di 1.612,6 milioni. La RAI è pagata dal canone e le sue perdite sono ripianate con le tasse, è un’azienda pubblica, deve essere trasparente come una casa di vetro. Fazio la pensa diversamente “Credo che la RAI debba essere tutelata. E’ un’azienda sul mercato (?). Credo che rivelare continuamente conti, soldi, scelte non faccia bene a questa azienda”. Invece la RAI farebbe molto bene a fornire i dati sulle spese, in particolare quelle esterne anche se questo dispiace (e ti credo!) a Fazio “Io non posso dire quanto guadagno. L’azienda mi vincola alla riservatezza. Non vado contro la mia azienda”.

Ps: Verremo a cantare a Sanremo. Ripeto: verremo a cantare a Sanremo.”.
(*)”Che tempo che fa, programma di RAITRE prodotto da Endemol Italia, con due diverse scenografie, una per il sabato e l’altra per la domenica”.
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In tempi di vacche magre, dove per portare a casa uno straccio di stipendio bisogna farsi un mazzo tanto, certi assegni corrisposti a vip e meno vip, fanno male non solo alle casse esanimi dello Stato, ma soprattutto al buon gusto e alla dignità del lavoro. I consumatori e gli utenti radiotelevisivi hanno presentato un esposto alla Corte dei Conti contro la Rai ed hanno chiesto all’Agenzia delle Entrate di accedere ai contratti per “scoprire” quanto, alla fine, Fazio si mette in tasca ogni anno. Ma non solo il conduttore è finito nel mirino: le associazioni hanno chiesto di far luce anche sui compensi di Luciana Littizzetto e Roberto Benigni. Vere star della tv che costano palate di soldi. In una nota le associazioni dei consumatori garantiscono che “non appena avremo questi dati sarà nostra cura divulgarli allo scopo di garantire massima trasparenza ai teleutenti”. Più o meno proprio quello che chiedeva domenica sera Brunetta e che Fazio ha glissato con goffaggine ed imbarazzo: “Non posso dirle quanto guadagno, sono tenuto a un accordo di riservatezza”. Adesso tutto sarà portato alla luce del sole perché la Rai è azienda di Stato e ci vuole, appunto, chiarezza su ogni scelta di Viale Mazzini: “quanto dichiarato da Fazio ieri è assolutamente assurdo e falso – dicono le associazioni in difesa dei consumatori – nessuno può impedire per contratto di rendere pubblici i compensi, soprattutto se chi riceve il cachet decide di dare comunicazione di quanto percepito”.

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