Elezioni regionali in Emilia Romagna e in Calabria e la domanda politica inevasa. di Gerardo Lisco

di Gerardo Lisco. In Emilia Romagna vince Bonaccini grazie alla crescita della percentuale degli elettori che si è recata a votare. Della maggiore partecipazione al voto bisogna dare atto a Bonaccini il quale ha saputo governare recuperando quell’elettorato che cinque anni fa aveva manifestato il proprio dissenso astenendosi. La crescita della partecipazione al voto in Emilia Romagna è stata consistente come si vede dalla percentuale dei votanti passata dal 38% al 67% e passa.

Bonaccini e i gruppi dirigenti locali hanno dimostrato di essere classe politica e non ceto. La classe politica guidata da Bonaccini, che in qualche modo si richiama al PD e più in generale al centrosinistra, ha saputo tenere insieme la tradizione rappresentata dal sistema sociale ed economico modellato in decenni di amministrazione di sinistra con gli interessi legati ai ceti sociali emergenti dimostrando, in questo modo, di conoscere la società regionale e di essere in grado di portare a sintesi la pluralità degli interessi in essa presenti. Che sia così lo prova la geografia del voto.

Altra cosa è la vittoria in Calabria del centrodestra guidato da Forza Italia. In Calabria si è ripetuto ciò che è successo in Basilicata. La vittoria elettorale del centrodestra in Calabria è da ascrivere alle forze politiche, definibili genericamente, progressiste incapaci di coalizzarsi e di avanzare una proposta politica capace di mobilitare gli elettori spingendoli al voto. I ceti dominanti calabresi conservatori, nel senso che sono legati alla conservazione del proprio status sociale legato alla gestione delle risorse locali, sono transitati con le rispettive clientele verso il centrodestra scommettendo e contribuendo alla sua vittoria. Che sia cosi lo prova il fatto che la percentuale degli elettori in Calabria è all’incirca la stessa delle precedenti elezioni regionali.

Ritornando al dato elettorale emiliano-romagnolo è necessario fare un passaggio sul movimento delle “sardine”. A questo movimento l’unico merito da attribuirgli è quello di aver portato sugli schermi televisivi la campagna elettorale emiliano-romagnola. Qualcuno osserverebbe che in un contesto dominato dalla comunicazione le “sardine” hanno contribuito al risultato finale. Vista la concretezza del sistema socio – economico romagnolo, penso che l’effetto sia stato non determinante. La proposta delle “sardine” sul piano politico è vuoto a perdere. Dall’agitarsi del movimento emergeranno i soliti “furbetti” di turno. Il movimento delle “sardine” è e resta comunque una fenomeno locale.

La Calabria, più che del movimento delle sardine, avrebbe avuto bisogno di un movimento della “n’duja”, la Basilicata avrebbe avuto bisogno di un movimento del “peperone crusco”.

Il movimento delle “ sardine”, come tutti i movimenti similari, è la solita manifestazione estemporanea priva di fondamento culturale, politico e radicamento sociale. E’ postmoderno. In sostanza “quattro amici al bar”.

Altro dato, non indifferente, sul quale riflettere è che in Calabria il centrodestra vince grazie al candidato espresso da  Forza Italia mentre in Emilia Romagna la stessa coalizione perde con un candidato di punta della Lega. Alle elezioni regionali in Puglia il candidato presidente toccherà, presumibilmente, a Fratelli d’Italia e quasi sicuramente sarà Fitto contro Emiliano.

Se in Puglia le elezioni verranno vinte, come auspico da Emiliano, la sconfitta ricadrà su Fratelli d’Italia costringendo il centrodestra ad aprire un confronto serrato al proprio interno con effetti non facilmente immaginabili.

Il risultato delle regionali in Emilia Romagna e in Calabria dice in sintesi  tre cose.

La prima è che se il Governo Conte regge, e reggerà,  Salvini è finito e con lui la Lega che tornerà ad essere la Lega Nord confinata a difendere gli interessi localistici contro l’interesse nazionale.

La seconda è che il PD, nel consolidare la propria identità Liberal – Democratica, dimostra di essere in grado di competere con la destra Nazional – Liberista e localista e di avere un notevole potere coalizionale.

La terza cosa è che manca un soggetto politico Socialista in grado di offrire una proposta politica ai quei pezzi rilevanti di società che pongono con forza istanze di giustizia sociale.

Se a dare risposte a queste istanze non sarà il M5S lo faranno altri.

E’ da chi farà proprie le istanze di giustizia ed eguaglianza sociale che capiremo quali saranno i futuri equilibri politici e quali politiche verranno fatte.

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2 Responses

  1. Mamba ha detto:

    Scusa Giacomo-TO:hai bevuto? Pensi davvero che i poltronisti&C mollino 500 mangiatoie?
    E’piùfacile che gli asini volino.

  2. Giacomo-TO ha detto:

    E’ emersa ancora una volta in tutta evidenza una legge fondamentale della politica troppo spesso dimenticata:L’ELETTORATO E’VOLUBILE,CAMBIA FACILMENTE DI UMORE. Il classico Psicologia della Folla di G.Le Bon (1895) resta ancora valido. In Politica non ci sono certezze: Faccio avera il reddito Di Cittadinanza, mi ritornano voti, in Calabria non ha funzionato.
    Oggi se veramente si vuole cambiare la Politica, un cambiamento inderogabile, ci sono passi necessari da fare:
    – DIMEZZARE, DIMEZZARE, DIMEZZARE il n° dei parlamentari, 500 sono più che bastanti.
    500 poltrone in meno, 500 portaborse in meno, 500 retribuzioni faraoniche in meno,….
    – Introdurre per legge il LIMITE DEI 2 Mandati consecutivi. La politica ha necessità di ricambio, in casa si aprono le finestre per cambiare l’aria viziata, idem in Parlamento.
    . Introdurre il Referendum Propositivo.
    Queste 3 mosse darebbero un risultato, ridurre l’enorme potere della Partitocrazia che di fatto sta affossando la nostra Democrazia.
    W LA COSTITUZIONE.

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