Giornalisti e lettori: un matrimonio da salvare. di Emilia Urso Anfuso

di Emilia Urso Anfuso. Ciò che mi ha portato a diventare giornalista è una passione enorme per scandagliare tra le pieghe delle bugie e trovare le ragioni di tutto ciò che accade. Non solo. Osservo tutto, ogni particolare. Memorizzo, metto insieme pezzi di un mosaico che mi permette, da anni, di considerare anzitempo ciò che accadrà.

Non si tratta della palla di vetro dei maghi, ma dell’osservazione dei fatti uniti a una memoria eccellente. Non si diventa giornalisti per la passione di scrivere. E’ la passione di registrare gli accadimenti e di tradurli in parole, oltre al desiderio di sollevare l’interesse generale nei confronti di ciò che i lettori, spesso, non possono conoscere. È questa la nostra missione.

Perché parlo di questo? È semplice: il periodo storico impone un chiarimento su un mestiere ormai entrato nell’immaginario collettivo quasi come superfluo, se non addirittura pericoloso o dannoso. Non è così, ma sono cambiati i tempi, e la diffusione del web ha modificato persino la percezione collettiva sul nostro lavoro.

Ci sentiamo spesso chiedere: “Perché mai fate parte di un ordine professionale”? Rispondo: “Per la stessa ragione per cui non affideresti la tua appendicite al macellaio sotto casa”. Chi vuol intendere intenda…

Tanti anni fa, miei pezzi erano su testate locali e su riviste. Ho iniziato per caso, e non pensavo di farlo diventare il lavoro della mia vita o meglio: di diventare giornalista. Specifico perché la differenza esiste. Noi siamo giornalisti, non “facciamo” i giornalisti, e in questa differenza si nasconde persino la crisi del settore di cui faccio parte ormai da anni e anni, dopo aver deciso di seguire un percorso che mi ha portato, alla fine, ad entrare a far parte di un ordine professionale, che garantisce il rispetto delle regole deontologiche, della formazione continua, della…professionalità. Accede coi medici, con gli architetti, con gli avvocati. E’ così che funziona: affidereste una causa giudiziaria a una persona che è appassionata di legge ma non è avvocato? Vi rivolgereste al vostro vicino di casa per farvi operare al fegato oppure per farvi consigliare la cura migliore per sanare i malanni?

In tutti i settori professionali esistono anche i cattivi professionisti. Ciò non toglie che il giornalismo è una professione come altre, e va rispettata, perché non si limita ad avere passione per scrivere e saperlo fare bene. Non facciamo compitini di italiano, sia chiaro, facciamo inchiesta, ogni articolo scandaglia ciò che accade. non si faccia l’errore di ritenere che ci si limiti a scrivere in bella copia. Dietro ogni pezzo c’è studio, ricerca, approfondimento documentale, riflessione, ragionamento.

Riprendo la questione sulla diffusione del web. Quando nel 2006 ebbi l’idea di fondare Gli Scomunicati erano gli albori dell’informazione online. Capii subito che, col diffondersi dell’uso di internet, non ci sarebbe stato scampo per il giornalismo: sarebbe bastato essere in grado di aprire un blog, mettersi alla tastiera, e creare il caos che tutti oggi osserviamo. All’epoca mi sentivo dire: “La libertà del web migliorerà le opportunità per la professione”. Non ero convinta e avevo ragione.

Un tempo un giornalista aveva una missione complessa: informava, insegnava la lingua madre, suscitava rispetto per il sol fatto di alimentare la conoscenza e la cultura del lettore. Oggi è necessario fare a pugni con chi non ritiene necessaria l’eccellenza, l’approfondimento documentale, lo spunto di riflessione da riportare nell’articolo, l’inchiesta dettagliata che fa emergere verità nascoste. Online accade di tutto, anche sui quotidiani nazionali nella versione web. Non si fa caso agli errori, si sorvola sulla capacità di scrivere o di confermare la professionalità rendendo il lettore edotto, e non più confuso.

Tutto questo ha arrecato danni a un intero settore, e se a tutto questo aggiungiamo il fatto che dal mondo della politica, non tutta la politica, non manca una tendenza a contrastarci, spesso allo scopo di non far emergere i fatti, ecco che la frittata è fatta.

Amo il rapporto diretto coi lettori, non mi sottraggo al dialogo anche sui social network, anche se gli attacchi – spesso volgari e violenti – si susseguono. Io non mollo, anzi… I lettori sono il motivo per cui al mattino accendo il PC e inizio la mia giornata, fatta di immersione totale nei fatti, dalla cronaca alla politica passando per l’economia e le note di colore. Solo il gossip non riesce a stimolare la mia attenzione, me lo perdonerete.

Non so che tipo di emozioni vi sta dando leggere queste righe. Io le sto scrivendo con uno scopo preciso: ritrovare un rapporto di serenità tra “noi” e “voi” anche se, per come vedo le cose, siamo tutti “noi”. Non è un lavoro facile, credetemi, e arrivare a certi livelli richiede una grande capacità di studio, analisi, determinazione, sopportazione.Se davvero vogliamo migliorare la società, torniamo a dialogare, mettiamo da parte le rabbie, le tifoserie, l’ossessione contro le “caste”. Almeno un tentativo va fatto. Proviamoci.

So già che questo editoriale comporterà anche parecchie considerazioni negative, ma tranquilli: fa parte del gioco e sono oltremodo vaccinata.

Emilia Urso Anfuso – Direttore de “gliscomunicati.com”.

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