Ecco perchè io non ci sarò nella ‘piazza smutandata’ dell’8marzo!

di Grazia Nonis. ‘8 marzo’. Alcune di noi vanno a manifestare con la gonna alzata e la vagina in mostra, e poco elegantemente fanno roteare il reggipetto sopra la testa. Vogliono far sentire la loro voce così, “biotte”. La loro voce, non la nostra. La loro vagina, non la nostra. No, non mostro e non condivido. Lo trovo un comportamento volgare e patetico, anche se ce la vogliono far passare per una provocazione fatta ad “arte”: la lotta per i diritti delle donne.
Purtroppo, quelli che accorreranno a gustarsi lo spettacolo, se ne andranno con la stessa convinzione che li ha portati lì, nella piazza smutandata: ci sono donne che ragionano solo con la gina. Qualcuno dirà che la stupida sono io, e tutte quelle che come me criticano queste manifestazioni non propongono poi valide alternative. Già, noi siamo le stupide che non si fermano mai, grazie o per colpa di quella scheggia di Dna che ci arriva direttamente da Eva. Un miscuglio di senso del dovere, di colpa, di coscienza, di responsabilità che ci fa credere di essere indispensabili, che senza di noi potrebbe cadere il mondo. Cadrebbe, per davvero! E allora via, al lavoro, per portare i bambini all’asilo o a scuola. Poi di corsa, a perdersi tra bucato e borsoni da ginnastica da svuotare, frigo da riempire, anziani da ascoltare, malati da accudire, lacrime da nascondere. Chi pensa che il nostro mondo si fermi lì sbaglia di grosso.

Non abbiamo bisogno di scendere in piazza a vulva scoperta per farci valere, per difendere i diritti di noi donne, o per pretendere quella mimosa che è d’obbligo l’8 marzo. Di questa giornata, aborriamo l’assurdo e deprimente spettacolo dell’uomo tartaruga assoldato per la festa delle donne. Quello che lancia la sua poco maschia mutanda in mezzo a gruppi di donne che si azzuffano, slinguano e slanguano per accaparrarsela. Forse perché siamo bigotte, beghine o suorine? No, semplicemente perché non ne abbiamo bisogno, non ci appaga, ma ci infastidisce, ci deprime. Insomma, lo troviamo squallido. Cosa facciamo per le donne? Senza platea e senza clamori, combattiamo ogni giorno per non essere discriminate, per aiutare donne come noi a non farsi calpestare, ad essere più libere, indipendenti. Offriamo una spalla, una stampella a quelle che soffrono perché non ce la fanno più, e ci ritagliamo del tempo per ascoltarle, condurle per mano verso ciò che più si avvicina ad una soluzione. Sono nostre amiche, o a volte solo conoscenti, amiche di amiche di cui spesso sappiamo solo il nome. Occhi pesti; bimbi da proteggere; seni asportati; notti in ospedale; fino a spingerci fin dove la legge non arriva. O meglio, dove non vuole arrivare. Siamo mogli, compagne, amanti, amiche. Ma anche avvocati, poliziotte, assistenti sociali, maestre, arbitri, infermiere, combattenti, guerriere. Siamo tutto questo e anche di più, senza aver preso lauree o diplomi. Sempre presenti, prima e dopo l’8 marzo. Non siamo un’associazione, non abbiamo un logo, una bandiera. Signori miei, queste siamo noi, siamo le donne.

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