E se una donna andasse alla segreteria del PD?

di Attilio Runello. Le dimissioni di Nicola Zingaretti da segretario del PD servono a fare il punto della situazione su di un partito che è riuscito a governare per buona parte della seconda repubblica. Nel partito le dimissioni da segretario non sono un momento di crisi come si può immaginare. I dirigenti in grado di ricoprire questa carica non mancano. Zingaretti ha preso le redini di un partito che aveva rifiutato l’alleanza con il movimento 5stelle, lasciando spazio alla Lega e ha approfittato abilmente dell’errore di Salvini per ritornare al governo. Ha promesso al suo elettorato l’accoglienza nei confronti dei migranti, elemento che accomuna tutta la sinistra, e con la Lamorgese l’ha realizzata portando a oltre trentacinquemila il numero degli sbarchi lo scorso anno.

Inoltre è riuscito a evitare elezioni che in questo momento avrebbero portato la vittoria al centrodestra, ha conservato l’amministrazione di alcune regioni – che rischiava di perdere. Inoltre ha portato avanti l’altro elemento che accomuna la sinistra: la guerra al centrodestra e in particolare la guerra al suo leader, che in questo ultimo periodo è stato Salvini. Adesso il consenso al partito di Salvini è ridimensionato. La vittoria di Zingaretti è evidente.

Tuttavia a Zingaretti non sono mancate le critiche da parte dei renziani che sono rimasti all’interno del PD. Inoltre Zingaretti non ha accettato l’operato di Renzi che ha fatto cadere il governo giallorosso.
Il nuovo governo – voluto dal Presidente – gode di una maggioranza molto ampia e porta PD e Lega ad essere alleati. E questo fa venire meno uno degli elementi che fungono da collante all’interno del PD. Inoltre Zingaretti non è riuscito a stringere una alleanza con i 5stelle, con cui rimane un rapporto che può portare ad alleanze da valutare volta per volta.

 

Zingaretti lascia in un momento di successo e vuole che il partito vada a un altro esponente che sarà sicuramente un segretario debole in un partito con molte anime, spesso distanti tra di loro. Il modo in cui lascia la carica inoltre con la dichiarazione di vergognarsi del suo partito non renderà il compito al successore facile.


Se si dovesse avere una donna alla guida del partito – si fa il nome della Pinotti o della Finocchiaro – le difficoltà non mancheranno. In questo momento sul fronte dell’immigrazione i numeri lasciano pensare che si potrebbe a fine anno raddoppiare il numero degli ingressi. Settanta mila sbarchi potrebbero ricreare quella crisi di consenso per il PD – che già ha registrato nel 2018 – perché potrebbero diventare ingovernabili con accampamenti a Ventimiglia, nelle stazioni e nei campi del sud Italia.

Gli attacchi all’avversario dovrebbero essere rivolti all’opposizione, rappresentata dalla Meloni. La Meloni è già sotto attacco da parte del quotidiano Repubblica.

Inoltre il fatto che diversi esponenti del partito preferiscono denunciare i problemi con interviste alla stampa o dichiarazioni sui social sono una grande problema. Negli altri partiti le divergenze si risolvono nelle riunioni interne, di cui non si fa trapelare nulla o quasi. Naturalmente c’è qualche eccezione, ma di eccezioni si tratta.

You may also like...

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *