C’era una volta carta, penna e calamaio…

di Redazione. Innovazione tecnologica e intelligenza artificiale sono la causa principale della riduzione dei tempi e dei posti di lavoro e della scomparsa di professioni e mestieri. Un esempio su tutti, quello che oggi avviene in un Ufficio Pubblico.

C’era una volta il “travet” che scriveva una lettera con la biro, poi passava il foglio alla “dattilografa”, se c’era un errore o una correzione bisognava ribattere la lettera che una volta ultimata e firmata dal “dirigente” andava protocollata con timbro e numeri di serie dall’“archivista”, infine spedita con il “postino”.
Oggi, grazie all’informatizzazione – checchè se ne dica il computer è arrivato pure nella Pubblica Amministrazione – per fare quello che un tempo richiedeva “due-tre giorni di lavoro”, un “dirigente”, un “travet”, una “dattilografa”, un “archivista” e un “postino”, basta un semplice… “click”!
Pertanto, prima si prende atto di questa nuova realtà e di quanto sta succedendo nel mondo del lavoro, e prima si possono mettere in atto le strategie necessarie per affrontare con efficacia i cambiamenti imposti dalle nuove tecnologie sia nei lavori di concetto che in quelli manuali. Tutto sta a vedere con quali provvedimenti.
La diagnosi è corretta. Sono le cure a far discutere.
C’è chi dice che occorre istituire dei meccanismi di redistribuzione del reddito svincolati dall’occupazione che supportino la domanda, altrimenti avremmo la massima produttività, ma consumatori con sempre meno capacità di spesa. Tradotto: servirebbe un “reddito di cittadinanza” inteso come un primo passo verso la ridistribuzione alla comunità dell’iper produttività delle imprese.
C’è chi pensa che se certi mestieri sono andati in pensione prima del tempo, nonostante la Fornero, altri sono rimasti senza manodopera: idraulici, falegnami, fabbri, ciabattini, sarti, netturbini, manutentori del verde, agricoltori, pastori, muratori, carpentieri, panificatori, badanti, babysitter, operai specializzati, poliziotti, carabinieri, controllori, infermieri, medici, ingegneri, informatici, ecc, ecc.
Allora – a nostro modesto avviso – sarebbe più conveniente per tutti formare e impiegare i disoccupati in questa direzione, piuttosto che sprecare risorse pubbliche con sussidi di Stato che incentivano il lavoro nero, premiano furbetti e nullafacenti, e tolgono dignità al lavoro!

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